Nel mondo sono circa 60 milioni le spose bambine. L’età media di quelle che vengono definite anche “ le spose della morte” è compresa fra i 10 e i 15 anni, e non mancano casi in cui bambine di appena 8 anni vengono obbligate dai propri genitori a sposare uomini molto più grandi.Yemen, Niger, Ciad, India, Mozambico, Etiopia, Nepal, Bangladesh sono solo alcuni dei Paesi nei quali i matrimoni precoci sono tutt’oggi praticati.
Il direttore esecutivo dell’UNICEF Ann M.Veneman ha definito deplorevole il modo in cui queste unioni forzate violano i diritti dei bambini. E a proposito della morte della dodicenne yemenita Fawziya Youssef , che perse la vita dopo tre giorni di travaglio e sofferenza, Venemam ha sottolineato come queste vicende sottopongano all’attenzione di tutti l’urgenza di fare di più per arginare il problema e tutelare i diritti di chi è stato ingiustamente sottratto alla vita e all’infanzia. Considerando che pratiche del genere risultano assai diffuse nelle aeree più povere del mondo, è facile comprendere che famiglie per le quali nutrire, istruire e dar da mangiare ad una famiglia risulta insostenibile dal punto di vista economico, decidano di darle in sposa a maggior ragione se in tenera età: nel sud dell’Asia, ad esempio, una ragazza che non è in possesso di una buona dote a causa della povertà della sua famiglia, ha buone possibilità di essere accettata dalla famiglia del futuro sposo a patto che sia molto giovane, ovvero, che non abbia più di dieci anni. In questo senso, dunque, il matrimonio precoce si configura come un buon investimento da parte delle famiglie, un investimento che spesso mette a tacere anche faide e crea alleanze. Così, mentre la verginità della futura sposa è garantita dall’età, in alcuni Paesi la somma di denaro che lo sposo è disposto a pagare ai genitori della piccola, è un altro ottimo motivo per portare a termine questa sorta di “scambio”. Da una ricerca condotta in Afghanistan, infatti, risulta che il 52% delle spose non supera i 12 anni, e che grazie a questi matrimoni le famiglie riescono a saldare la maggior parte dei loro debiti. L’abbandono della scuola, del mondo dei giochi e dell’infanzia, degli amici e dei sogni, l’analfabetismo e la sudditanza alle quali sono destinate non sono che alcune delle conseguenze a cui vanno incontro poiché l’attività sessuale precoce, spesso violenta e forzata, procura nei loro piccoli corpi conseguenze e danni irreparabili. Centinaia di piccole spose muoiono infatti durante il parto per complicazioni, altre partoriscono feti già morti. In molti altri casi, invece, si cerca di salvare la vita a bambine che giungono negli ospedali con gravissime emorragie interne e segni di violenza intorno agli organi genitali. Secondo il rapporto di Amnesty International, solo 5 bambine su 100 purtroppo hanno il coraggio di denunciare le violenze subìte dal marito. E la terribile scelta del silenzio è dettata, il più delle volte dalla certezza di non poter dire No in una società in cui il divorzio è spesso considerato inaccettabile. Eppure, ha stupito e lanciato un segno di speranza la storia di Ali Nojoud, data in sposa a soli 8 anni nello Yemen che, denunciato il padre, ha ottenuto il divorzio. E ancora: la storia di una bambina di appena 10 anni che in Arabia Saudita era stata data in sposa, a sua insaputa, ad un uomo di 50 anni. Il Parlamento Yemenita aveva però discusso un progetto di legge per fissare a 17 anni l’età minima del matrimonio mentre in Italia, in base all’articolo 84 del Codice Civile, ai minori è vietato sposarsi, ma con una deroga: il tribunale dei minori può di fatto autorizzare al matrimonio un minorenne che abbia compiuto il sedicesimo anno di età per gravi motivi. Suad Sbai, presidente dell’Associazione Donne Marocchine d’Italia, ha parlato di un fenomeno che arriva anche dal mondo rurale del Nord-Africa e che sarebbe causa delle numerose sparizioni di bambine che dopo le elementari, verrebbero portate con forza nei propri Paesi d’origine e costrette al matrimonio. E’ questo il motivo per il quale, ha spiegato S. Sbai è di fondamentale importanza l’integrazione e l’istruzione, forse gli unici due strumenti rimasti per combattere lo sfruttamento delle donne e degli uomini in generale. Molti anche i documentari che negli anni hanno raccontato il dramma di queste piccole martiri. E anche se molti hanno parlato di “eccessiva enfasi” da parte dei media, e di un crollo progressivo del numero di minorenni obbligate al matrimonio in Italia, il problema c’è stato e c’è ancora. La regista yemenita Khadjia Al Salami che ha realizzato un documentario sulla storia di una bambina di 11 anni costretta al matrimonio, ha dichiarato che seppure oggi sono in numero maggiore le bambine che hanno la forza di denunciare ai tribunali l’orrore al quale sono obbligate, questa pratica è ancora viva e diffusa soprattutto nelle campagne. E che per molti, ancora oggi, “una donna nasce per essere seppellita o sposata” come diceva sua nonna.
29 Settembre 2010 - Il lFatto del Giorno - Scritto da: Daniela Maiorano