Cosa fai quando incontri una formica sul piano della cucina? E quando c'é un ragno, una vespa, lombrichi, larve o centopiedi?
Sulle prime domande prive di senso potrebbero piuttosto nascondere significati interessanti. Quanti di noi uccidono un insetto piccolo senza pensarci e quanti lo spostano in un luogo sicuro, dove potrà continuare a vivere?
Uccidere le formiche è facilissimo, sono così piccole … un colpo di spugna, un’apertura improvvisa dell'acqua del rubinetto e sono finite. Spacciate. Lo stesso é per ragni e ragnatele. L'animaletto fa così tanto per procurarsi il luogo dove soggiornare e procacciarsi il cibo e con un gesto di scovolino distruggiamo ore di lavoro, casa e dispensa.
Queste considerazioni base nascono dall’osservazione del tragitto che una formica compiva faticosamente giorni addietro sul piano della mia cucina. Trasportava un’enorme – per lei enorme - mollica di pane su è giù per la via che portava ad una minuscola apertura tra lavello e finestra. Vedendola mi sono incuriosita e l'ho seguita per un pezzetto della sua avventura. Sono buffe le formiche. Sono forzute. E simpatiche! Nell’incontrarsi (quasi per un avvenimento fortuito) si salutano sfregandosi il naso l’un l’altra, come eschimesi frettolosi. Il mondo minuscolo é singolare.
Tra meno di un mese é primavera.
Odio questo periodo dell’anno, é il momento della riorganizzazione dell’orto primaverile.
Vangare, fresare, distribuire il compost per preparare il terreno alle nuove messe a dimora equivale a compiere il destino di alcune centinaia di esseri che sino a li avevano vissuto tranquillamente la loro vita. Lo so, é così, ma non riesco ad abituarmi.
Chiunque abbia un orto è consapevole della inesorabile strage che si compie quasi quotidianamente nella raccolta e pulitura degli ortaggi. Mangiare verdura dell'orto corrisponde quasi sempre ad uccidere qualche malcapitato, nonostante tutte le accortezze. Lame ed acqua non vanno d'accordo con gli esseri piccoli.
Quando mi capita mi sento male. Mentre l’esserino è li agonizzante trovo la forza di mettere fine alle sue sofferenze, ma quando lo seppellisco e dico una preghiera è terrificante pensare che è dipeso da me. E' un senso di colpa vecchio come il mondo e non mi conforta per niente pensare che è stato inevitabile, che non l'ho fatto neanche apposta, e nemmeno è d’aiuto pensare che (forse) in quel momento ero solo uno strumento, un mezzo attraverso il quale il destino di quell’essere si compiva. Sono alla ricerca di un’altra spiegazione, che ancora non trovo.
Se la trovassi sarebbe di grandissima consolazione.