Come un pugno sullo stomaco. La puntata di Presa diretta, andata ieri in onda sulla Terza rete, ha fornito un affresco a tinte fosche della politica italiana. Bella perchè riesce a far emergere figure di amministratori capaci di lavorare per l'interesse della collettività. Ma al contempo brutta perchè emargina ed isola chi si mostra intransigente nei confronti della corruzione e del malaffare dilagante. Sindaci in prima linea e soli. Come Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica nel Cilento, ucciso cinque mesi fa.
Alla figura di Vassallo il programma di Jacona dedica grande spazio. Il Sindaco – Pescatore, simbolo della difesa dell'ambiente e di un territorio minacciato dalla speculazione edilizia. E dalla droga. Gli inquirenti stanno seguendo numerose piste, ma l'idea che si può avere dalla ricostruzione di Presa diretta, è di interessi convergenti che hanno portato all'uccisione di Vassallo. Troppo scomodi i suoi “no” contro quelle costruzioni che avrebbero violentato il Cilento.
Troppo scomodo il suo modo di fare politica. Senza scendere a compromessi e in grado di coniugare sviluppo del territorio e tutela dell'ambiente. Una politica spesso antitetica rispetto alle amministrazioni dei Comuni limitrofi, molto attente agli interessi delle lobby del cemento. Sindaci e consiglieri comunali che assistono alle punizioni esemplari che personaggi border-line infliggono a chi fa opposizione. Quelle stesse persone che gestiscono lo spaccio di stupefacenti nella stagione estiva, e che hanno dovuto fronteggiare le forti prese di posizioni di Angelo Vassallo.
Il Sindaco di Pollica aveva capito, e per questo è stato ucciso, gli appetiti criminali che il Cilento attirava. Droga e speculazioni edilizie, nella disattenzione, a volte complice, della politica locale. Ma anche nazionale. Il Pd, partito in cui Vassallo ha militato, è stato prodigo di attenzioni soltanto dopo l'uccisione del Sindaco – Pescatore. Troppo tardi.
La bella politica c'è anche in Calabria. 106 amministratori locali hanno subito nell'ultimo anno le minacce dei boss. Amministratori di frontiera che, anche qui spesso da soli, fronteggiano lo strapotere delle cosche. Come ad Isola di Capo Rizzuto, piccolo paradiso del crotonese invasa dal cemento selvaggio. L'abusivismo ha sventrato il territorio, ma i tentativi dell'amministrazione guidata da Caterina Girasole di riportare la legalità hanno provocato l'ira dei boss e della gente comune. La scorsa estate in tre giorni quattro attentati incendiari hanno lanciato un messaggio chiaro alla Giunta. «Fermatevi, oppure dovrete fare i conti con noi».
Tuttavia, anche in Calabria, la bella politica deve difendersi dai politici collusi. A Crotone, come dimostra l'operazione Hydra della settimana scorsa, gli inquirenti hanno indagato sulle manovre della 'ndrangheta per condizionare le elezioni provinciali. Sindaci, consiglieri comunali e regionali. Tutta la Calabria è coinvolta, come emerge dalle ultime operazioni delle forze dell'ordine. Politici che chiedono appoggi al boss di turno per ottenere voti in cambio di aiuti alle imprese del crimine. Canditati in pellegrinaggio da Giuseppe Pelle, boss di San Luca, nella sua abitazione di Bovalino. Politici che chiedono aiuto a Giuseppe Commisso, boss di Siderno, nella lavanderia Alpe Green, dove il Mastro ha dato consigli e avvertimenti. Ma anche politici interni alle 'ndrine. E' il caso di Alessandro Figliomeni che, per gli investigatori, avrebbe svolto il ruolo di Santista all'interno dell'organizzazione.
Una trasmissione chiara nella sua drammaticità. C'è una bella politica in Italia, ma c'è anche una classe dirigente che a più livelli e in svariati modi, ha deciso di colludere con i boss. Passa dal contrasto alla zona grigia dei colletti sporchi e dei politici al soldo dei boss la battaglia per la legalità nel nostro Paese.