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di Valeria Ballarati

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Sono bastate tre cimici

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"Sono bastate tre cimici per dare un duro colpo alla 'ndrangheta"


REGGIO CALABRIA - "Se mettono mano alle intercettazioni ci privano dello strumento fondamentale della lotta alle cosche. Se oggi conosciamo la struttura della 'ndrangheta lo dobbiamo a tre cimici". Nicola Gratteri ha passato notti intere ad ascoltare boss e picciotti. A volte ha mandato e rimandato i file audio cento volte per riconoscere una voce, cogliere una sfumatura, un accento, un riferimento. Il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria lo ha sempre detto: "Ho la sensazione che chi vuole cambiare le regole non capisca il rischio che si corre, limitare la legge può diventare devastante".

Per il magistrato una scelta è quella di punire chi divulga intercettazioni coperte da segreto istruttorio, altro è tentare di disinnescare uno strumento investigativo "raccontando fandonie, come quella che la legge non riguarda i reati di mafia o quelli più gravi".

Il magistrato la racconta così: "Le grandi inchieste contro la 'ndrangheta non partono quasi mai come indagini della Dda. Si inizia quasi sempre da piccoli reati a volte da un danneggiamento, da un incendio, da una minaccia telefonica. I nostri investigatori poi pian piano ricostruiscono la storia, i contesti, il quadro generale è allora che si capisce se si tratta o meno di 'ndrangheta".

In altri termini, se blocchi la possibilità di intercettare alla base, l'inchiesta è destinata a chiudersi prima ancora di arrivare a risultati apprezzabili. Ci sono poi intercettazioni che hanno fatto la storia delle inchieste contro la 'ndrangheta, che sono delle vere e proprie miniere di informazioni.

Gratteri ricorda ad esempio la cimice a casa del boss Giuseppe Pelle, capo indiscusso di uno dei clan più potenti di San Luca. "In quella casa si parlava di 'ndrangheta dodici ore al giorno  -  spiega il magistrato  -  Si sentivano sicuri e quindi discutevano liberamente. In poco più di un mese abbiamo registrato centinaia di incontri. Mafiosi, politici, imprenditori, professionisti, commercianti, faccendieri d'ogni tipo. Da Pelle passavano tutti persino uomini in odore di servizi segreti. Si pianificavano strategie e si impartivano ordini".

Una cimice ben piazzata può essere devastante se poi si riesce a incrociare i dati con altre intercettazioni si disegnano scenari prima inimmaginabili. Il magistrato ricorda ad esempio che grazie a tre microspie (a casa Pelle, nella lavanderia Ape Green del boss Giuseppe Commisso e nel giardino del padrino don Mico Oppedisano) è stato possibile ricostruire dettagliatamente la nuova struttura della 'ndrangheta descritta con l'inchiesta "Il Crimine", che poco più di un anno fa portò all'arresto di centinaia di affiliati, sia in Calabria che nel nord del Paese, sia in Italia che all'estero.

File audio e video che ora sono agli atti di decine di processi e che hanno già portato a condanne pesantissime, non solo di mafiosi storici. E' in carcere ad esempio il consigliere regionale del Pdl Santi Zappalà, e sono in galera, in attesa dei processi, l'ex sindaco di Siderno Sandro Figliomeni e mezza giunta comunale di Marina di Gioiosa, compreso il sindaco Rocco Femia. Leader politici di due dei comuni più ricchi e popolati della Locride. Sempre grazie a quelle cimici sono stati sequestrati patrimoni per quasi 300 milioni di euro.

Il tutto, spiega il procuratore aggiunto rispondendo a quanti dicono che le intercettazioni costano troppo, "al costo di 10 euro più iva per ogni intercettazione". Per ottenere questo stesso risultato? "Senza le cimici avremmo dovuto utilizzare centinaia di uomini della polizia giudiziaria, fare appostamenti di mesi e chissà cos'altro. E comunque non sono neppure in grado di stabilire quanti milioni di euro sarebbe costato ai contribuenti". Invece "con la legge attuale e tre cimici abbiano scritto la storia recente della 'ndrangheta".
 
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