Soldi alle adolescenti se rinunciano allo sugar daddy
di Federico Fubini
Il test in Malawi, dove un adulto su otto è sieropositivo, funzionava così: la Banca mondiale ha formato un campione di 3.800 ragazze fra i 13 e i 22 anni e le ha divise in due gruppi. Nel primo le ragazze ricevevano in media 10 dollari al mese e il pagamento della retta scolastica a patto che frequentessero le lezioni con regolarità. Nel secondo, il cosiddetto «gruppo di controllo», nessuna riceveva niente.
Un anno e mezzo dopo l’infezione da Hiv nel primo gruppo, quello delle ragazze pagate per andare a scuola, era più basso del 60%.
All’1,2% contro il 3% delle ragazze del gruppo di controllo.
La differenza si spiega alla luce delle risposte delle giovani donne coinvolte nell’esperimento. Una su quattro fra loro ha spiegato la propria vita sessuale con il «bisogno di assistenza» o il «desiderio di denaro o regali». Nove su dieci hanno riferito che il loro partner assicurava loro un pagamento mensile in media di 6,5 dollari.
È la dinamica di quelli che in Africa si definiscono i sugar daddy, «dolci papà»: uomini più anziani, spesso molto più anziani, che comprano o affittano amanti-teenager. In Malawi questi maschi dai trent’anni in su sono sieropositivi nel 30% dei casi. È ovvio che l’industria dei sugar daddy sia una delle principali catene di trasmissione dell’Aids. Romperla attraverso incentivi monetari alle ragazze perché si creino un’istruzione e una vita diversa ha avuto da subito effetti dirompenti. Dieci dollari valgono più di medicinali spesso carissimi.
Inevitabilmente «corrompere» una persona per indurre comportamenti virtuosi è controverso. Anche in Africa sub-sahariana, dove vivono i due terzi dei sieropositivi del pianeta, molti non sono d’accordo. Ma funziona così bene che a Harare, in Zimbabwe, la Banca Mondiale ha appena introdotto un programma innovativo: pagare le teenager a patto che licenzino i loro sugar daddy. In città sono già comparsi cartelli per pubblicizzarlo. Recitano: «Il tuo futuro è più luminoso senza un dolce papà».