Delle volte si sbaglia.
Magari sino a li eri convinta di aver fatto un buon lavoro e invece, da un giorno all’altro, ti ritrovi ad aver inconsapevolmente realizzato uno dei più grandi disastri che avresti mai potuto mettere assieme.
Nonostante una madre compia le scelte pensando di fare il bene del figlio, a volte non si rende conto di fare proprio l’esatto contrario. Nel mio caso crescere una bambina vegetariana, in disaccordo con le convenzioni sociali, non è stato proprio facile e somma una cosa e somma l’altra, ecco che qualcosa succede, e infatti l’incidente riguardava l’alimentazione.
Avendo un negozio di cibo biologico va da sé che la spesa la facciamo soltanto qui; la mia bambina però rimane a pranzo alla mensa scolastica due volte alla settimana e fa merenda ogni giorno all’intervallo. La merendina gliela metto direttamente io nella cartella perché ho paura che la dimentichi, chiedendole di scegliere a turno tra un farro-ciok, una merendina all’albicocca, dei crackers, un budino di soya, delle patatine normali e di mais, con un succo di frutta o una bevanda di riso o soya al cioccolato.
Succede che le bidelle cominciano a trovare la sua merendina nel cestino della spazzatura: di marca e incarto sconosciuto e con logo biologico, era indubbio che fosse la sua, e così cominciano a verificare quando la butta intensificando il controllo anche in mensa, e scoprendo che non mangiava quasi mai il secondo piatto. Inoltre ingeriva gli alimenti così lentamente e mettendoci così tanto tempo che non ne rimaneva più per giocare con i compagni.
La maestra mi manda a chiamare e mi dice che la bambina ha un problema col cibo, che controllandola in tre maestre per un periodo di tempo hanno notato comportamenti anomali e consigliano a me di visitare uno psicologo per dare a lei gli strumenti per uscire dalla situazione. Credo abbiano pensato che il problema fossi io, e forse a ragione.
Mi hanno anche dato un paio di buoni consigli:
- Non preparare più la merenda mettendogliela direttamente nello zaino ma facendola scegliere a lei e organizzando un luogo a accessibile per la scelta;
- mandarla a fare la spesa con il suo papà come consigliano gli psicologi in casi analoghi, perché pare che il rapporto col cibo passi anche dal rapporto col papà, coinvolgendola nelle operazioni di selezione e pesatura di frutta e verdura, e lasciando altresì che prendesse dagli scaffali le merende “alternative al negozio”.
Ci saremmo riviste a fine aprile per controllare i progressi.
Sebbene la cosa mi abbia fatto venire dei pensieri parlandone con mio marito abbiamo convenuto che non era il caso di preoccuparsi eccessivamente: a casa e dalla nonna la bambina mangiava normalmente, non si può negare che avesse alimenti preferiti – uno tra tutti la semplice bruschetta, con sale e olio, che mangia ad ogni ora - e altri invece indigesti – come i formaggi, non ne mangia nemmeno uno - ma in linea di massima problemi col cibo non ce n’erano mai stati. Questo le maestre non potevano saperlo vedendola mangiare solo la merendina e due pranzi la settimana.
Accantonata immediatamente (o forse rifiutata immediatamente) l’idea dello psicologo ritenendolo per il momento eccessivo, abbiamo provato a mettere in atto dei cambiamenti da casa: se non ci fossero stati risultati incoraggianti avremmo considerato l’ipotesi.
Prima di tutto le abbiamo chiesto di venire a tavola con noi ogni sera, anziché lasciarla talvolta mangiare da sola in salotto guardando i cartoni animati; abbiamo velocizzato le operazioni del pasto, di modo che imparasse a sbrigarsi un po’ di più col cibo che aveva nel piatto (sino ad allora le avevo raccomandato di mangiare lentamente!); abbiamo provato ad introdurre nuovi alimenti, con risultati scarsi.
Oltre a ciò sono andata a parlare con il servizio di ristorazione, spiegando cosa accadeva, e portando dal negozio alcuni legumi di suo gradimento - gli edamamé (i fagiolini di soya teneri), i cannellini, i fagioli bianchi di spagna e i borlotti – e chiedendo loro di prepararglieli per vedere se almeno questi, a cui era abituata, li avrebbe mangiati in mensa.
E infine … le ho fatto un regalo.
Sono entrata in un supermercato e ho acquistato una confezione da mezzo chilo di gianduiotti, cioccolatini che adora, che io non avevo mai comperato personalmente per lei.
Con questo gesto volevo farle capire che non c’è niente al mondo di più importante per me, e che se desidera mangiare un alimento, anche da me disapprovato, sono io stessa a comperarglielo.
Il nocciolo della questione era proprio questo: non voleva deludere me mangiando i cibi diversi ma allo stesso tempo non voleva rinunciare alla merendina assaggiata dai compagni. Per questo soffriva ed era combattuta, e per non riportarla a casa buttava la sua merendina. “Mamma, io non volevo deluderti! Però i puff mi piacciono tanto!”
Di ritorno dal negozio le ho dato la scatola enorme di gianduiotti: ha allargato le braccia per accogliermi e nel dire “grazie” cento volte mi ha fatto dei sorrisi bellissimi!
“Non mangiarli subito, però: prima ceniamo”
“va bene, mamma” e poco dopo … “mamma, non ho resistito, ne ho già mangiato uno …”
“vabbé, dai, non importa, vieni a mangiare!”
Il sabato successivo col papà sono andati in un grande supermercato e pare si sia divertita moltissimo, soprattutto nello scegliere la fila di “schifezze” che mi ha poi riportato a casa: pacchi di merendine zeppe di grassi idrogenati, patatine al formaggio con esaltatori di gusto, budini a due colori della mucca con gli occhiali, e yogurth da bere con l’imballo simile ad un integratore di Sali minerali.
Non è che questi alimenti siano immangiabili, è che io dico che non sono fatti con materie prime curate come nel bio e solo per questo vanno evitati; purtroppo però vengono spinti da queste forti campagne pubblicitarie che fanno davvero presa sui bambini e sono un ostacolo insormontabile anche per una mamma come me, che lavora nel biologico e le ha insegnato da subito il valore del mettere nel corpo un cibo fatto bene.
Probabilmente l’ho condizionata. Anzi, l’ho condizionata.
Ma quale genitore non condiziona il figlio compiendo per lui scelte in un’età dove il bambino non è in grado di scegliere per sé? Quale genitore non impone al figlio decisioni a partire dalle proprie convinzioni religiose, culturali, dalle proprie esperienze, dai propri gusti e dal proprio modo di vedere la vita? Si chiama “educare” e sino a che un genitore lo fa in buona fede nessuno potrà mai dire che é sbagliato, perché ognuno cresce i suoi figli come desidera e come è capace.
Per il resto é una bambina di 8 anni che desidera far parte del gruppo dei compagni quindi …
tutte le merendine alternative sono state consumate nell’intervallo scolastico, con grande gioia e senso di sicurezza e di appartenenza di tutti quanti, che la vedevano finalmente mangiare felice come tutti gli altri bambini.
Gli edamamé in mensa sono stati divorati alla velocità della luce, il piatto è stato svuotato in un attimo, e quindi il problema erano le immancabili lenticchie in brodo non trovavano riscontro nel suo gusto!
Pare inoltre che abbia mangiato di nascosto, tutta insieme, mezza scatola di gianduiotti senza ammetterlo, cioè, ammettendolo il parzialmente giorno successivo, quando stazionava sul water; perché dovete sapere che l’altra mezza scatola di gianduiotti è ancora là, in mezzo ai giochi, inosservata, e non accenna a diminuire di nemmeno un’unità.
Delle amate patatine rotondine puff al formaggio permangono grandi sacchetti in dispensa, ai quali non accenna ad avvicinarsi: ne ha mangiate così tante che solo a sentirne l’odore gira la testa dall’altra parte dicendo “mamma, non posso più nemmeno vederle!”
E il fatto che io abbia dovuto spalmarla di crema lenitiva sul sederino e ovunque per alleviare rossori e pruriti da sostanze grasse, coloranti, addensanti e quant’altro, al quale il suo fisico non è davvero abituato, ha contribuito in maniera sostanziale a risolvere la situazione.
Certo, avere una madre come me è impegnativo ma come diceva Tiziano Terzani “Ognuno ha i genitori che si merita”.