In questi giorni rileggiamo la Settima lettera di Platone nel corso di Filosofia del Linguaggio.
Ricorderete quanto mi sono affezionata a questo scritto che ‘scrive nell’anima’ come disse il Prof. Filippo Forcignanò nel suo bel libro.
Nel proseguire la lettura del testo, dopo le indicazioni sul linguaggio del corso, mi sono ritrovata a leggere di Platone che difendeva Dione dalle accuse di esser diventato lui stesso un tiranno. Dione a un certo punto rientrerà in armi a Siracusa dopo aver cercato supporto ad Atene, e dopo aver combattuto con violenza a sua volta, verrà ucciso proprio da chi lo aveva aiutato a tornare (Callippo).
Ricordiamoci: Platone partì per Siracusa perché vedeva in Dione la possibilità di realizzare una politica filosofica – i Re-filosofi - e che Dione sin da adolescente era stato ‘rapido nell’apprendere i discorsi gli facevo come nessuno dei giovani in cui mi ero imbattuto’ e da quando lo aveva ascoltato aveva scelto di vivere il resto dei suoi anni in modo diverso dai connazionali, amando cioè la virtù anziché gli stravizi sicilioti, qualcosa di molto inerente a una vita che può definirsi filosofica.
E allora, come è stato possibile che a un certo punto proprio un filosofo prendesse le armi?
Forse a un certo punto la violenza sgorga in ogni caso, e non importa chi ne é artefice o coinvolto. La violenza con il suo potere che tutto ingloba finisce per travolgere anche Dione, come un liquido che s’insinua e ogni cosa pervade. Era René Girard a sostenere che niente può sfuggire alla violenza, perché é essa stessa che sa trasformare gli oggetti che gli si muovono contro come strumenti per alimentarsi. Nell’ordine delle cose a un certo punto la violenza esplode e non finisce se non tramite morte e devastazione che si auto-alimenta.
Questo ci riporta a oggi, al conflitto a cui assistiamo dalle nostre case così lontane dai centri dove si muore.
Girard sottolineava che l’unico modo per sfuggire alla violenza è sottrarsi, cioè andare via. Ma andare via da un luogo dove ci sono armi in gioco non è possibile: la risposta avviene colpo su colpo. E allora è necessario che ci siano altri che intervengono, forze diverse che entrino in campo per provare a metter fine al conflitto, cercando di non farsi coinvolgere a loro volta (vedi l’invio di armi alla Ukraina da parte dell’Italia), e attorno a un tavolo si mettano con l’intento di evidenziare le posizioni e i bisogni di entrambi.
Non essendo direttamente coinvolti dovrebbe esser possibile parlare, e mediare, per riportare le cose in linea a partire dalle posizioni opposte. E’ dagli opposti in lotta che può derivare equilibrio, con un minimo di kairos, di momento opportuno. Altrimenti sarà sempre e solo violenza, distruzione e morte, anche se sei un Filosofo, proprio come era stato Dione.
V.
"Polemos é padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi e gli altri liberi. Bisogna però sapere che la guerra é comune (a tutte le cose), che la giustizia é contesa e che tutto accade secondo contesa e necessità." Eraclìto.