"Sono in Norvegia, in fondo ad un fiordo del cazzo, privo di qualsiasi attrattiva naturalistica, se non fosse perché il termine villaggio è completamente diverso dalla nostra tradizione mediterranea e dalla nostra percezione semantica; un territorio di 1410 km quadrati con una popolazione di 1147 abitanti, come capirò in seguito, uguale ad altri mille, ovvero una impalpabile spolverata di case lontane una dalle altre. Nella lunga notte invernale queste case sono rintracciabili ai bordi dell’unica strada che circumnaviga il fiordo perché hanno delle abat-jour, delle luci, delle candele finte alle finestre prive di scuri e sempre accese notte e giorno.
- Questa lontananza abitativa delle persone è rappresentativa della densità dei sudditi del regno, più grande dell’Italia, con soli cinque milioni di abitanti. La prima caratteristica di questo popolo che salta all’occhio dello straniero è la presunzione di superiorità evidente effetto della mancanza di abitudine alla convivenza che inevitabilmente porta al confronto con gli altri e ad una reale consapevolezza di sé come individui e come popolo.
- I Norvegesi disprezzano gli Svedesi, figuriamoci gli Italiani.
Come sono finito in questo posto? Lavoro in un grande gruppo cantieristico italiano e sono in una squadra che deve consegnare una nave rompighiaccio per ricerca oceanografica ad un armatore norvegese presso il cantiere che si trova in fondo a questo fiordo del cazzo. E questo posto improvvisamente si è trasformato in un laboratorio antropologico dove ho capito fino in fondo perché noi italiani siamo amati individualmente ma odiati come popolo.
Guardo gli operai norvegesi sono esteticamente impeccabili, tuta mai scolorita, scarponi, casco, occhiali protettivi, cuffie antirumore, ma tecnicamente incapaci per fare un lavoro banale; serve un quaderno di istruzioni. Poiché con gli operai norvegesi non riuscivo a completare gli ultimi lavori per la consegna della nave, ho dovuto richiamare la mia squadra italiana che è formata da un gruppo di napoletani; una mattina si sono presentati in cantiere in otto; chi già con addosso gli abiti da lavoro, chi con un sacchetto del Conad con dentro una tuta che ha visto mille lavaggi. Il loro capetto si chiama Maurizio, come dice lui “coming from Torre Annunziata”. Lo guardo e gli chiedo:
-“Dove sono i cassoni degli attrezzi e del materiale?”
-“Boss mi hai chiamato ieri l’altro sera, secondo te in 24 ore oltre a trovare un volo ed un albergo cosa posso fare di più?”
-“Secondo te con che cazzo lo facciamo il lavoro?”
-“Sono le 8 del mattino, in portineria mi hanno detto di andare tutti insieme al corso della sicurezza di questi mammalucchi e poi mi organizzo”.
Sto per inveire tutti suoi avi quando mi dice:
-“Prima che tu cominci a gridare nel telefono aspetta mezzogiorno che ti do un ritorno”.
-“Se non mi arriva il ritorno sicuramente ti arriverà una flangia cieca DN300 in piena fronte”.
Arrivò mezzogiorno, e passò; mezzogiorno e mezzo, niente; all’una arriva Maurizio, prima che potessi offenderlo come sempre mi anticipò:
-“Già che c’ero sono andato a mangiare, poi ho trovato in magazzino del materiale, ho visto che c’è quasi tutto quello che mi serve, e mi sono messo d’accordo con Alf”.
-“E chi è Alf?”
-“Il magazziniere, è nu bravo guaglione”
- “Ma Alf parla inglese?”
- “No, ma quando mai! e poi io non parlo inglese”
- “Chissà che cazzo avrà capito!”
- “Ho trovato anche il magazzino degli attrezzi, è a disposizione di tutti; inoltre i polacchi mi prestano il banco, la saldatrice, il cannello, la piegatubi, e la torcia per il TIG”
- “E le fasce di sollevamento?”
- “Sono d’accordo con il gruista che dopo le tre si ferma e mi fa gli imbarchi; domani sera ti chiudo il primo impianto”.
Maurizio non è mai stato in questo cantiere, non è mai stato in Norvegia, ma è laureato in sopravvivenza alla facoltà di Castellammare di Stabia. Guardo lui e guardo i suoi uomini guizzare come delfini intorno ai norvegesi che sembrano un branco di acciughe stordite.
Ecco perché questo popolo è odiato, perché è più intelligente".
Ing. Marco Pianigiani, ingegnere navale, La Spezia (Dalla pagina di Viviana Vivarelli)
Nota: non siamo i più intelligenti, anche gli spagnoli lo sono come noi, per dire.
E' che siamo capaci di relazioni, specie al Sud.