Presentata a Roma la seconda edizione del volume che raccoglie, in 35 schede, le vicende dell'aggressività umana attualmente in corso. I pacifisti italiani chiedono che si rendano noti gli orrori e le motivazioni, anche le più nascoste
di GIAMPAOLO CADALANU
ROMA - Il rumore delle armi è soffocato, troppo lontano dalle nostre case. Nei telegiornali le immagini dei bambini soldato o dei corpi offesi dalle bombe durano pochi secondi, senza fissarsi nella memoria. Della guerra e del suo racconto resta poco: lo sforzo di una piccola parte della stampa, che cerca di ragionare sulle ragioni degli scontri, sugli interessi in palio, sulla motivazione delle parti. Per questo uno strumento di base come l'"Atlante delle guerre e dei conflitti" è prezioso. È un progetto allo stesso tempo umile e ambizioso, nato per riempire una lacuna e fornire una prospettiva per comprendere il presente.
Sono duecento pagine, 35 schede semplici e scorrevoli, per descrivere l'ultimo stadio dell'aggressività umana e sottolineare anche gli orrori dimenticati. A presentare la seconda edizione del volume curato da Raffaele Crocco c'era Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace: perché la comprensione dei conflitti è uno strumento in più per disinnescarli. A cinquant'anni dalla prima marcia Perugia-Assisi indetta da Aldo Capitini, i pacifisti italiani chiedono che sulla guerra si faccia più luce, che l'orrore sia riferito nei dettagli, che le motivazioni non siano nascoste.
La presentazione del volume e l'annuncio della prossima marcia, il 25 settembre, diventano insomma un appuntamento per ragionare sul lavoro dell'informazione, per sottolineare con fermezza le carenze del servizio pubblico Rai e soprattutto per ribadire che l'articolo 11 della Costituzione è ancora in vigore. Dice che l'Italia ripudia la guerra, argomenta Lotti, ed è un principio che resta vincolante. "Non si deve essere pacifisti per riconoscere che in Afghanistan c'è una guerra e noi ne prendiamo parte", dice Lotti, ricordando che l'articolo 11 troppo spesso viene ignorato. "L'Italia spende 23,5 miliardi in spese militari, e questo è insopportabile", aggiunge il coordinatore della Tavola.
E se alla fine, una volta comprese le guerre, si sceglie la pace, è meglio agire: magari, dice Lotti, aderendo all'appello della Tavola per tagliare le spese militari e investire la stessa cifra per rimettere in piedi l'Università o sostenere le famiglie, investire nei giovani e nell'ambiente.