Qualche giorno fa Repubblica dava la notizia di una iniziativa riservata ai ragazzi delle scuole superiori della Lombardia.
Il progetto, partito nel dicembre del 2006 con il nome di “La Pace si fa a scuola” e oggi è di nuovo al via, ribattezzato“Allenati per la Vita” ma completamente stravolto nel suo significato e nei suoi contenuti originari: mentre il primo era un momento di discussione e di confronto sui temi della pace e della cooperazione, e metteva gli studenti in contatto coi soldati in missione all’estero, quest’altro dovrebbe incoraggiare al senso di appartenenza ad un gruppo senonché l’allenamento consiste nel familiarizzare con argomenti e cultura di tipo prettamente militare. Niente male per un progetto scolastico, no?
Le materie di studio: “percorsi ginnico-militari”, “tiro con arco e pistola ad aria compressa”, “difesa nucleare, batteriologica e chimica”, “pernottamento in ambienti ostili”, “topografia e orientamento”, “superamento ostacoli” debitamente affiancate a materie insospettabili quali primo soccorso, arrampicata, nuoto e salvamento.
Ufficialmente dovrebbe contrastare il bullismo. In pratica secondo me prospetta la carriera militare all’orizzonte dei ragazzi che non l’avevano ancora considerata.
Al di là del controsenso di base - dare un’arma ad un ragazzo che ha già i suoi problemi - la scuola non può lavorare a fianco del Comando Regionale dell’Esercito insegnando l’utilizzo delle armi, e accogliendo allo scopo gli insegnamenti dell'Associazione degli Ufficiali in congedo.
Va bene l’Avvicinamento alla Protezione Civile, alla Croce Rossa e ai Gruppi Volontari di Soccorso, forze di pace e sollievo, ma le Forze Armate non sono la stessa cosa e questa funzione non può essere contemplata nell’ambiente scuola, perché la scuola è altro.
Che differenza rispetto al Progetto Caschi Gialli sostenuto dalla Regione Lazio nel 2009: in una solenne cerimonia finale oltre mille bambini avevano giurato di diventare “Custodi della Pace” insieme agli Operatori di prevenzione dei conflitti e di educazione alla pace. Per tutto l’anno avevano lavorato al dialogo e alle tecniche di risoluzione e funzionava, lo so per certo, perché la classe della mia bambina aveva partecipato e ne era entusiasta.
Non è un buon messaggio quello che passa attraverso l’approvazione dei Ministri Gelmini e La Russa: é strano vedere questi due ministeri affiancati.
Essendo la partecipazione su base volontaria, spero che i genitori boicottino questa iniziativa: non è una materia scolastica, non è un gioco, non è niente. Le armi si usano in guerra e in guerra si muore.
La bara avvolta dal tricolore dell’ultimo nostro parà ucciso in Afghanistan, Alessandro Romani, di 36 anni, è rientrata la settimana scorsa a Ciampino. Con lui, ad oggi, fanno 30 ragazzi italiani uccisi dall’inizio di quella che viene chiamata “Missione di Pace”.