Nonostante lo credano in molti, il termine "paparazzo" non é un composto di "papataci" e "ragazzo" bensì venne coniato da Ennio Flaiano che, durante la sceneggiatura de La Dolce Vita, cercava un nome da dare al fotografo - modellato pare sulla figura di Tazio Secchiaroli - che sarebbe stato il compagno inseparabile del protagonista del film.
Come Flaubert che ci mise due anni a battezzare Emma Madame Bovary, Flaiano era ossessionato dalle affinità semantiche tra i personaggi e i loro nomi. "Il nome giusto indica che il personaggio vivrà" scrisse nei Fogli di Via Veneto, una raccolta di note spettinate che sono altrettanti vividi bozzetti sulla genesi del capolavoro felliniano.
Cerca che ti cerca, gli capitò tra le mani By the Ionian Sea, il diario del grand tour di George Gissing, scrittore dell'Inghilterra vittoriana che ricordava con riconoscenza un albergatore calabrese che lo aveva ospitato, tale Coriolano Paparazzo.
E' stato dunque un personaggio realmente vissuto ad avere il titolo dell'unico "attore inconsapevole", e allora già da tempo passato a miglior vita, dell'immortale film che ha fotografato l'epoca d'oro della Holliwood sul Tevere.
Quel Signore ha dato il nome a un'onorabile e troppo spesso bistrattata professione.
E "paparazzo" é oggi la parola della lingua italiana più popolare del pianeta, dopo "pizza" e "spaghetti".
Tratto da "Cinecittà, una magia senza fine" - National Geographic