Mangiabiologico.it

di Valeria Ballarati

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Home Cultura Le lacrime della Teresa al Sistina

Le lacrime della Teresa al Sistina

E-mail Stampa PDF

Alla fine dello spettacolo Antonio - la Teresa - non è riuscito a trattenere la commozione. Svestiti i panni del suo personaggio e svanita la tensione, durante i lunghi appalusi e le urla di gradimento del teatro, aveva le lacrime agli occhi. Sembrava felice.

Per la prima volta a Roma, nell’unica data romana, I Legnanesi hanno messo in scena il loro nuovo spettacolo Lasciate che i pendolari vengano a me recitando in dialetto milanese nel tempio della comicità e della parlata romanesca: lo storico Teatro Sistina a due passi da Trinità dei Monti. Il palco di Aldo Fabrizi, Enrico Montesano e Gigi Proietti ospitava venerdì sera la rivista dialettale milanese:  una bella scommessa per la Compagnia di Legnano.

All’interno della sala una grande scritta dorata e luccicante “I LEGNANESI” campeggiava in alto sul palco, in contrasto con il nero dei lunghi drappeggi, mentre in attesa dell’inizio dello spettacolo Mabilia in sottofondo cantava Mezzanotte, La Paloma e canzoni del repertorio di scena. Il pubblico é eterogeneo, ci sono alcuni bambini; in molti li conoscono già, li hanno visti alla tv sulla rai, il sabato sera in seconda serata.

 

I romani all’inizio non capiscono tutto, vanno un po’ “a senso” e si fanno spiegare qualche battuta dai milanesi presenti in sala: indispensabili attimi di adattamento. Teresa però è bravissima e ripete le battute dialettali in italiano senza perdere ritmo e concentrazione, e così per tre ore si alternano sulla scena i personaggi del cortile, odalische e maraja, il circo e un fantastico finale omaggio a Roma: Mabilia elegantissima, vestita come la Ekberg nel famoso film con fontana sullo sfondo, mentre i boys ballano vestiti come Marcello Mastroianni, in un effetto bianco e nero strepitoso.

E’ una comicità semplice, non troppo studiata e forse nemmeno troppo provata, ma fatta piuttosto di spontaneità e di improvvisazione.

Il lavoro del capocomico - la divertente Teresa - è il principale sostegno alla compagnia: riadatta i testi di Musazzi, dirige le azioni, interviene a sistemare le pecche … bé, questa volta non ce n’è bisogno:  il Parini le battute le conosceva  …

Enrico Dalceri – l'adorabile e sognante Mabilia – disegna invece meravigliosi costumi di scena: fantasiosi, sgargianti, una delizia. Un abito pié de poulle (nome storpiato a dovere!) con un rosso cappello a falda larga contornato di boa di struzzo e accessori coordinati; un lungo abitino bianco di paillettes e frange, pettinatura a chignon, e due colombe sulle spalle all'interno di una rotonda gabbietta glitterata, fermata in vita, in omaggio a Moira Orfei. Del resto ci si può aspettare di meno da colui che nella vita lavora per la maison Armani?

E il Giovanni? Potremmo forse fare a meno della lentezza e dei farfugliamenti del Giovanni? Certo che no: pendiamo dalle sue labbra! Così come non potremmo fare a meno delle donnette del cortile, una più brutta dell’altra … la piccola e anziana Pinetta, la Carmela perennemente vestita a lutto, la Mistica tutta casa e chiesa, la Chetta sempre velenosissima, la Duina e la sua asma.

Tanto lavoro anche tutt’attorno alla compagnia, che si avvale di professionisti per smontare e rimontare le scenografie, sistemare le luci, i suoni, ideare le coreografie e insegnare i balli ai boys, che non sono ballerini veri (e si vede!) ma fanno la loro bellissima figura.  La macchina organizzativa è ben funzionante e  nell'insieme è un grande effetto scenico, molto apprezzato dal pubblico capitolino.

Certo, complici  alcune battute storiche ben piazzate:  “Voi pensate che recita” quando il Giovanni si perde o si dilunga troppo nei suoi monologhi, senza sapere dove andrà a parare. Il “Sa ghé?” gutturale maschile della Mabilia, con la sua vera voce da uomo e poi le scuse: “E’ uscito l’uomo che è in me”, che funziona sempre. E il classico “Crepa Giuàn, perché non muori? Tutte le mie amiche sono già vedove: cos’ho fatto di male io?” a riscaldare ancora di più una platea già divertita.

Li incontro fuori dal teatro prima dell’inizio: scattano le foto di rito coi Boys, con gli ammiratori. Mi avvicino chiedendo se posso fare una foto anch’io: “Prego, Signora”. “Ma Grazie!” mentre penso ... Signora? e mi sento subito un po’ vecchia. “Ma lei non è di Roma” mi chiede il Giovanni. “No, sono di Buscate”.  “Buscate? E allora giochiamo in casa!”. Ridiamo.

I miei eroi. Il mio primo amore.
Sono molto legata a questa compagnia per una serie di motivi sentimentali: li vidi per la prima volta da bambina, con mio padre, presso una tv locale, Antenna Tre Lombardia, quando Felice Musazzi impersonava Teresa e Tony Barlocco, Mabilia. Ora papà non c’è più e conservo questo bel ricordo.
Poi perché nel primo periodo del mio trasferimento a Roma mi sentivo un po’ spaesata, come sradicata, ed è grazie ai loro dvd e alla parlata in dialetto che mi sono sentita di nuovo “a casa” e mi sono tirata su.
E infine perché mi sono così divertita guardandoli che ho cominciato a scrivere per il teatro, e ho proseguito scrivendo per il cinema, un hobby che è diventata una passione e spero un giorno diventi una professione.

Quindi, grazie Legnanesi! Per tutto questo, grazie.

 “Andate a Teatro! Il teatro è vita.” Antonio Provasio.

v.b.

Le foto dello spettacolo 2013 qui

 

Romanzo

La storia dell'uomo e
della scoperta
dei Fiori di Bach.

Booktrailer

Il Romanzo è alla 3° edizione. 


Parole per pensare

“L'attenzione è la forma più rara e più pura della generosità. A pochissimi spiriti è dato scoprire che le cose e gli esseri esistono."

Simone Weil, Corrispondenza, pag. 13

«Quanto siamo stanche io e te. Dovremmo riposarci un po’» dice Donatella a Beatrice mentre il Valium fa effetto sul lungomare di Viareggio all’imbrunire, è un dialogo che ti rimane dentro, come tutta La pazza gioia.

- See more at: http://www.paperstreet.it/cs/leggi/la-pazza-gioia-paolo-virzi.html#sthash.F3ffjhMI.dpuf

«Quanto siamo stanche io e te. Dovremmo riposarci un po’» dice Donatella a Beatrice mentre il Valium fa effetto sul lungomare di Viareggio all’imbrunire, è un dialogo che ti rimane dentro, come tutta La pazza gioia.

- See more at: http://www.paperstreet.it/cs/leggi/la-pazza-gioia-paolo-virzi.html#sthash.F3ffjhMI.dpuf

Fiori di Bach e Cartoons 15 Pimpi


 ASPEN

Se hai paura,

ma non sai bene di cosa