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di Valeria Ballarati

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Una tragedia privata

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Mentre alcuni giornali hanno deciso di dare spazio a documenti riguardanti la figura del Duce, io trovo che ci sia un argomento del quale si parla troppo poco: la vicenda di Ida Dalser e del figlio Benito Albino, avuto dal Duce prima che si sposasse con Rachele. Mentre capisco che l'amore tra adulti possa finire, non sono mai riuscita a comprendere come possa essere finito l'amore di un padre per suo figlio. Ida e il figliolo furono infatti internati in manicomio e mentre lei provava con tutta se stessa a difendere il suo piccolo dai pericoli che sentiva giungere, entrambi, inascoltati, trovarono la morte a distanza di pochi anni. Ecco alcuni scritti di Ida, la cui unica colpa fu di aver amato.

 

26 maggio 1917
"dal Mussolini esigo i capitali di mio padre - insomma tutto quello che è mio e che m'aspetta - poi di lui mi curerò come d'un verme che striscia per terra".

Novembre 1919
"Il Governo, per favoreggiare Mussolini, il Governo protettore della crapula e della disonestà e non ancora saturo dei suoi delitti su due creature innocenti mi ha levato il sussidio da due mesi. E ora debbo intraprendere un lungo viaggio fino a Trento mia patria col piccino ammalato e senz'abiti una forza suprema mi dice di chiederle aiuto che quell'aiuto passato non è stato, e non sarà certo dimenticato da noi!"

14 agosto 1925
"Mani unghiate mi opprimono mi soffocano mi sono addosso. E' una madre genuflessa che chiede a voi pietà liberazione! I prezzolati tentano invano di far sparire mio figlio, la mia santa, la mia divina creatura, per poi far subire a me la stessa fine".

 

Ricordate il film "Vincere" di Marco Bellocchio, che rievocava la tragedia di Ida Dalser e del suo figlio Benito Albino, avuto nel 1915 dal fondatore del fascismo?

Quella vicenda, così ben narrata, si arricchisce ora delle parole della stessa protagonista, Ida, la donna ripudiata che morì in un manicomio nel 1937 (la stessa fine farà Benito Albino nel 1942). Dal 1916 al 1925 Ida scrive infatti al direttore del "Corriere della sera" Luigi Albertini, che non le risponde mai ma le fa avere degli aiuti economici o dice al fratello Alberto di scriverle.
La fondazione Corriere della sera pubblica ora quelle lettere a cura di Lorenzo Benedusi, con il titolo "Mussolini ha deciso di internarmi col piccino". Una testimonianza inedita e toccante che racconta una tragedia personale nel grande dramma del Novecento. Una chicca storica, che ci parla dei rapporti tra donne e potere, tra pubblico e privato, analizzati in una intelligente introduzione di un giovane studioso, Benedusi, che sta collaborando alla grande storia del "Corriere della sera" in più volumi che uscirà da Rizzoli.

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