Ed Sheeran e Vasco.
Due mondi diversi, due stili diversi: spaccano entrambi ma ai poli opposti.
Avendo partecipato ai due concerti di Milano e Roma ho fatto caso alle differenze: tutt'e due son dei gran pezzi da novanta ma mentre uno la sua carriera ce l'ha in pugno, l'altro l'ha cominciata adesso (alla grande), e sono ugualmente amati e seguiti dal loro diverso pubblico.
Mi sembra di vedere il Re della foresta e il Leoncino: Mufasa e Simba ...
I gap sono molteplici e vanno dall'organizzazione dell'evento ai colori in uso, dagli allestimenti al sound, dalle luci al palco, passando per i servizi d'ordine e naturalmente ai due talenti degli Artisti. Vediamo se riesco a renderle.
In Vasco i toni sono scuri, i colori bui e profondi, le sue canzoni raccontano l'esistenza stropicciata e l'inevitabile saggezza che s'accompagna a chi ha vissuto tanto, senza nulla togliere al ragazzo interiore, ancora ben visibile. In Ed prevalgono colori vivaci e accesi, la bellezza della gioventù, il ragazzo che inizia a vivere e guarda con sorpresa a ciò che succede. Ed sceglie l'azzurro e il bianco per il merchandising: Vasco rimane fedele - fedele! - al nero con scritte rosse o gialle.
All'acquisto dei titoli per Ed Sheeran - era il settembre 2018 - si doveva obbligatoriamente lasciare nome e cognome, ritrovato poi sul biglietto d'ingresso; l'accesso era consentito solo tramite verifica della carta d'identità. Due distinti cordoni di controllo provvedevano alla sicurezza: uno subito, e supertati i tornelli dell'Olimpico un altro identico. Costo di un posto in tribuna numerata Monte Mario (centrale) 92 euro.
Da Vasco a San Siro era più easy: niente nome sul biglietto e niente carta d'identità, accessi controllati ma essenzialmente liberi, cosa che ha permesso a un certo punto il lancio di un fumogeno rosso nel Parterre Gold (ok, fermato in meno di un minuto ma!) e costo del biglietto esorbitante, dovuto all'odioso secondary ticketing: a novembre 2018 ho pagato a Viagogo il triplo del prezzo scritto sul biglietto ricevuto - 46 euro di Vivaticket - per il terzo anello non numerato. Una scelta obbligata non trovando nient'altro, ma qualcosa di davvero ingiusto.
Mettere il nome sul biglietto é in effetti LA soluzione.
L'unica pecca dell'Olimpico é come sempre l'inferno del parcheggio: puoi girare come una trottola ma non ce n'é a meno di 3 km, a differenza dell'efficientissima Milano dove trovi agevolmente alla metà della distanza.
Passiamo al palco: 100 mt e 4 megaschermi di rock puro VS 30 mt di giostre/slot machine e 2 schermi a lato. Ed sta sul palco saltando come un grillo, mettendoci tutto l'impegno e la forza della sua giovane età, beve continuamente per idratarsi tra un pezzo e l'altro, e alla fine dell'esibizione é madido di sudore. Vasco é abituato al palco, é misurato e buffo nelle movenze, un vero animale da palcoscenico che sa come muoversi e dosare le forze. Il primo fa un concerto di poco meno di due ore, da solo con il bit e la sua chitarra (molti cambi di chitarra); Vasco si esibisce con la super-band per tre ore, e un intermezzo dove sparisce a riprendersi un attimo.
Ma la differenza sostanziale l'ho trovata nei cori: le voci di Ed erano limpide, fatte della leggerezza e della spensieratezza proprie dell'età giovanile; da Vasco ritrovavo una maturita che era anche mia, il fondersi di più generazioni in un'unione consapevole, fisica e mentale al senso delle parole ascoltate, e gridate a tutta forza. Erano tutt'e due vitali ma con un contrasto proveniente dalla freschezza da una parte e dalla bellezza dell'esperienza dall'altra. Vasco unisce cantando "Siamo solo noi" e anche Ed ci prova: "if you don'tknow at least 2 words of this song, you are at the wrong concert" (se non sai almeno due parole di questa canzone, sei al concerto sbagliato): mia figlia capisce la battuta, parte la sua canzone preferita - "mamma, mi viene da piangere!" - e sentendosi tutta orgogliosa la canta a squarciagola.
Vasco riempie facilmente gli stadi; Ed ci racconta che é la sua prima volta in uno stadio tanto grande: sino a lì, le sue esibizioni si sono tenute in raduni molto più piccoli; mentre il Re degli stadi é ligio nel seguire la scaletta alla lettera, Ed la stravolge al momento, cantando tutto e anche di più, ma come vuole lui. Quando canta in italiano la canzone con Bocelli vien giù lo stadio, poi esce, mette la maglia azzurra della nazionale e risale sventolando la nostra bandiera. Di Vasco io ricordo particolarmente un grido da 115 decibel : "io sono un uomo."
Sono belle le differenze tra i due.
Se dai concerti del Re della Foresta esci rinvigorito e rinforzato, dai concerti del Leoncino esci divertito, e allora ... W Mufasa & Simba!
V.
finché eravamo giovani era tutta un'altra cosa, chissà perché - Liberi liberi, Vasco