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di Valeria Ballarati

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Siamo in ospedale, il nuovo ospedale di Legnano.
In posti come questo é meglio non venirci mai, ma non perché non si abbia la voglia o la capacità di affrontare ciò che la vita presenta, ma perché è penoso veder soffrire i propri cari e ne rimarrà, comunque, un ricordo traumatico.  Se vi si passa, però, essere confortati da una struttura pulita ed efficiente fa partire moralmente avvantaggiati, e questa struttura lo é. L’edificio che ospita l’ospedale è stato aperto a novembre ma non è ancora stato ultimato; alcune zone periferiche sono tutt’ora inagibili così come i parcheggi che rimangono un cantiere aperto; all’interno però i reparti sono perfettamente funzionanti e l’efficienza è palpabile...

L’ultimo ospedale visitato, non più tardi di un mese fa, era una dignitosa clinica privata romana, scelta da mio suocero per un esame diagnostico piuttosto invasivo; non se l’era più sentita  di usufruire della inefficiente e burocratica macchina sanitaria nazionale a seguito della precedente esperienza pubblica all’ospedale di Latina, dove con un’emorragia in corso nessuno se ne era occupato per giorni! Saputo della mamma immaginavo già il ricovero nel vecchio ospedale del centro città, con padiglioni e reparti suddivisi  nei vari stabili, un ospedale nel complesso decente ma un pezzo di antiquariato. Non sapevo che negli ultimi quattro anni era in corso la costruzione della nuova e moderna sede, in vetro e acciaio, immersa nella brughiera al confine tra Legnano e Busto Arsizio. Una struttura architettonica innovativa, particolare: tre quadrati disposti in obliquo e due ali laterali a partire dal quadrato centrale, a ricordare le vecchie corti lombarde;  una suddivisione in tre Grandi Aree contraddistinte dalle lettere A, B, C per i reparti. Gli ingressi dotati di porte divisorie su più fronti limitavano i consumi energetici; tinte interne eleganti ma sobrie, grigio chiaro e panna coordinate con arredi e strutture di accoglienza, salette interne con divanetti e poltroncine rosa antico o grigio argentato; alcune mostre fotografiche appese alle pareti dei corridoi di grande passaggio. Superata l’ultima reception rotonda posizionata al centro di un grande salone, crocevia di zone ben distinte, andiamo verso il reparto della zona B. Anche qui porte scorrevoli  si aprono sulla zona ascensori accanto ai distributori automatici di bevande e snack, anch’essi provvisti di una zona stazionamento comoda, con tavolini e sedie colorate, anche se al piano terra sta per essere ultimato un bar calssico.  C’è una superficie aperta ricavata centralmente sui quattro piani, è rivestita di una maglia sottile color acciaio e forma una colonna alta che provvede all’ingresso della luce naturale dalle finestre poste più in alto, in una zona che altrimenti necessiterebbe di illuminazione artificiale.
Gli spazi sono ampi e ci mettiamo un po’ ad arrivare; la segnaletica c’è ed é chiara, ma a noi che siamo un po’ agitate le porte sembrano tutte uguali. Raggiungiamo il reparto da un ingresso diverso, cerchiamo la sua stanza ed eccola: la mamma è li, un po’ provata e ci sediamo a tenerci compagnia. Non ha voglia di parlare ma sembra contenta, accenna un sorriso che non le viene molto bene - a causa della paralisi del muscolo facciale - ma è un sorriso bello lo stesso. Anche io sono contenta di vederla …
La mattina successiva entro presto  e passo con lei la giornata prima di riprendere l’aereo, in serata. Ogni tanto si addormenta e io approfitto per leggere e prendere appunti. Penso da subito che è un ospedale ben progettato e ben gestito: mi viene da pensare che somiglia moltissimo ad una struttura privata. La camera è davvero perfetta: arredi con angoli smussati e tinte pastello la rendono accogliente, molto comoda in tutti i suoi automatismi e vivibile, con soli due letti per la degenza separati da una tenda leggera. La grande finestra affaccia sul cortiletto interno e più in là si vede il bosco, i rami coperti di ghiaccio per la gelata della notte. Sul comodino, tra i documenti, un questionario di gradimento dell’ufficio relazioni col pubblico: “la Direzione istituisce il servizio per chiarimenti e segnalazione disservizi da inserire in un database regionale, al fine di intervenire  con misure correttive e specifiche direttamente sulla struttura indicata”. Con un punteggio da uno a sette si misura il grado di soddisfazione circa i tempi di attesa per il ricovero, l’accoglienza, il comfort della stanza, il vitto, il servizio svolto dal personale infermieristico e medico, le cure prestate, le informazioni ricevute sulle cure prestate: la scatola per imbucarlo è nella sala lettura,  accanto al presepe. Mi prendo la mia rivincita e barro 7 per tutto tranne che per il servizio medico, dove metto 3, perché come al solito la categoria mi é risultata un po’ distante; il personale ausiliario e infermieristico è invece gentile, disponibile, sembra persino abbondare. Fuori dalla stanza le pulizie sono in corso: il pavimento di linoleum é arrotondato sui lati e la macchina lavasciuga ci mette solo due passaggi per fare la manutenzione ordinaria del corridoio. Anche la pulizia della camera é velocissima: gli arredi sono elettrici e hanno le ruote, i sanitari sono sospesi, le superfici lisce e lavabili, tutto è organizzato in modo da ridurre al minimo tempi e sprechi. La carta asciugamani del bagno ad esempio, ha un meccanismo manuale di rotazione e pre-taglia la bobina evitandone lo spreco, a differenza di una bobina classica che non si fermerebbe al tiro venendo sempre sovra dosata.  In una struttura pubblica tutte queste cose vanno viste, gli appalti sono milionari e se tutto è mirato al risparmio, l’appalto può costare di meno. In effettti la gestione qui appare più semplice ... ma chi è il concessionario?  Eccolo, sulla biancheria: Servizi Ospedalieri spa, gruppo Manutencoop. Ok, bravi, ma chi paga? Cerco due notizie su internet: valore iniziale dell’investimento per la costruzione dell'ospedale 130 milioni euro di cui fondi pubblici 83,5 (64% del costo totale) e capitali privati degli investitori/banche per il  45%. Il rimborso del debito viene generato dall’affidamento al concessionario della gestione di 12 servizi no-core. Ah, ma allora ho capito! E’ in effetti un privato a gestirlo attraverso queste forme di appalto innovative: in una cordata con a capo Technint avevano costruito la struttura e sino al 2032 la gestiranno climatizzandola e riscaldandola, mantenendone gli impianti, gli immobili e le aree verdi, preparando i pasti e occupandosi di servizi di pulizie e igiene, sanificazione e disinfezione, nonché di lavanderia, sterilizzazione e lavanolo. Quanto pagherà l’ Asl di canone annuo per tutto questo ben di Dio? Una cifretta di tutto rispetto: qualcosa di poco superiore ai 15 milioni di euro. Che dire, in tempi in cui il lavoro scarseggia assicurarsi da lavorare sino al 2032 mi pare già un’ottima forma di investimento e per il resto non saprei, non sono mai stata forte in matematica. Certo che chiamarli “servizi no core” mi pare una presa in giro … diciamo che dipende dal punto di vista.

http://www.manutencoopfm.it/mercati_casehistory_ao_legnano.asp 
http://www.svilupposistemafiera.it/static/upl/Lu/LucaPecchio-TechintEngContr1.pdf (vedi pagina 11)