A Salina si teme una grossa speculazione edilizia nei luoghi dove si girò il celebre film con Troisi - di LAURA ANELLO
SALINA (Messina)
La casa del Postino è qui, uguale al film, con il suo intonaco color cipria, il suo silenzio, le onde che si infrangono su una scogliera da vertigine. Solo azzurro e vento. Quasi ti aspetti di vedere uscire Massimo Troisi, stanco, scavato, alle ultime riprese della sua vita. Invece ti trovi davanti Clara Puppo, presidente di Legambiente Salina. «Ma si rende conto? Costruire qui un resort, progettare una colata di cemento?». Si arrampica su una collinetta, mostra le grotte di tufo da sempre ricovero di barche, osserva l’orizzonte senza segni di presenza umana, annusa l’aria che sa di mare e di terra.
Mare e terra. Le due anime di Salina, Salina la verde, patrimonio dell’Unesco, riserva naturale, patria di capperi e malvasia. Salina - unica delle Eolie, che dipendono tutte dall’isola di Lipari - indipendente e spaccata in tre micro-comuni.
Qui siamo a Pollara, frazione di Malfa, il cuore più antico e campestre, minacciata da una speculazione edilizia «che è sintomo di un inquinamento culturale - dice la Puppo - perché il rispetto del territorio qui finora è sempre stato patrimonio condiviso».
E invece adesso la spiaggia del Postino, quella che trasformò una giovane Maria Grazia Cucinotta nell’icona della bellezza mediterranea, quella che registrò il canto del cigno di Troisi, è accerchiata. Una società, pezzo a pezzo, ha comprato centomila metri quadrati di terreno, quasi il 30 per cento dell’intera frazione di Pollara. E intende realizzare lì, in contrada Mancuso, un progetto che si chiama «I giardini dell’Eden rubati agli dèi». Intervento per il quale è stato richiesto l’immancabile finanziamento europeo: un milione e duecentomila euro, metà dell’investimento complessivo.
Una «residenza turistico-alberghiera a 4 stelle in ambito rurale finalizzata alla conoscenza floro-faunistica dell’isola di Salina». Attorniata da una fattoria didattica, una casa delle farfalle e un allevamento di asinelli, perfino da un giardino botanico. Tutte abili infiocchettature, secondo il comitato di oppositori, per coprire una speculazione edilizia. Minaccia che si accompagna all’ipotesi di inserire nel nuovo piano regolatore una strada asfaltata che dal comune di Leni finisca proprio lì, in cima ai giardini che sfidano l’Olimpo. «Macché cemento - replica Dimitri Salonia, l’avvocato-artista che è tra i promotori dell’iniziativa - Le case saranno realizzate con pietre e legno. Sono disposto a regalare i terreni e il progetto al Comune, se si attiene alle indicazioni».
Ma a dire no sono in tanti: nomi come quelli dei registi Paolo e Vittorio Taviani, dell’ex eurodeputato Claudio Fava, e poi il circolo Legambiente e il club Unesco dell’isola, ma anche residenti, intellettuali, amici di Pollara. Tutti a denunciare un clima pesante, pesantissimo, plumbeo. I carabinieri dell’isola rispondono ai ripetuti allarmi con il buon senso dei vecchi pacieri di fronte a una lite di confine, il sindaco di Malfa, Salvatore Longhitano, invita alla prudenza. «Il progetto dice - è al vaglio dei tecnici. Se le carte risulteranno in regola, daremo il nullaosta», taglia corto.
L’esposto dei residenti parla un’altra lingua: «Pollara - si legge è stata oggetto nel corso degli ultimi anni di una preoccupante espansione edilizia tale da minarne il pregresso assetto ambientale nonché le normali dinamiche civili, essendosi verificata un’escalation di aggressioni e fatti violenti ai danni di alcuni cittadini, regolarmente denunciati alle autorità competenti». In confronto la seconda speculazione in corso, la costruzione di quattro villette su cui Legambiente ha appena ottenuto la sospensiva da parte del Tar di Catania è poca cosa. Piccola ma significativa vittoria. Adesso è tutto fermo intorno alle fondamenta davanti alle quali era già apparso l’annuncio di messa in vendita.
Il paradosso è che sulla carta nelle isole Eolie non si può costruire neanche un mattone. Il piano paesistico del 1976 ha stabilito in tutto l’arcipelago il vincolo di assoluta inedificabilità. La scappatoia è la ristrutturazione di ruderi preesistenti, nel rispetto di volumi e superfici. Così ogni progetto si erge su veri o presunti muretti a secco di vecchie «mannare» per animali o di fabbricati agricoli. Se non ci sono, il gioco è metterli. E sono in tanti a giurare che nell’isola stanno sorgendo come funghi molti ruderi nuovi di zecca.