Sono state giornate di emozioni forti.
La micia Emma ha partorito due esserini meravigliosi, ho assistito al parto, uno era podalico; un uccellino ha rischiato la vita sbattendo in volo contro i vetri puliti, s'é salvato grazie ai fiori, ma che botta; ho dato la prima parte dell’esame filosofia morale, che mi destava preoccupazioni da mesi; il liceo mi convoca per parlare del rendimento di mia figlia, a cui la Dad non va né su né giù.
Cerco di spiegare alla coordinatrice che il nuovo modo di fare scuola a distanza non è propriamente scuola. Se per me non arrivare a Villa Mirafiori - grazie al collegamento da casa, due ore di lezione - può esser più che comodo, per un ragazzo non è uguale: la socialità per loro é importantissima. Rimanere 5 ore da soli davanti a un video, ogni giorno, per un intero anno, equivale a perdere di stimoli. E' successo a lei come a tutti, e c'é solo da capirli. Se per un adulto é un'agevolazione, per un ragazzo é la noia. E se posso permettermi, 5 ore seduti davanti a un video é insostenibile anche fisicamente, specie per i più piccoli. Per fortuna concordava.
Questa della Dad per ragazzi è stata una disfatta su tutti i fronti: se chi andava bene a scuola ha avuto un calo di rendimento, figuriamoci cosa può esser successo agli altri, per non parlare di quanti non avevano nemmeno i mezzi tecnologici per seguire le lezioni. Anche in università si sono accorti che la ripresa in presenza non é proprio automatica: le abitudini risultano cambiate e temo non sarà facile ripristinarle.
Altra cosa. Dopo molto studio ho dato la prima parte dell’esame di Filosofia Morale: è andata bene. Ora aspetto la data per la seconda parte, dovrebbe essere a giorni. Grande materia Filosofia Morale, interessantissima. Certo, una volta che sei riuscito a metterci il becco, a memorizzare parole e concetti dei molti filosofi. La mancanza di parole – come avevo detto in passato - era all’inizio il mio più grande ostacolo. Senza le parole precise, specie in alcuni contesti, non si riesce a descrivere adeguatamente un concetto, sono indispensabili, l’ho sperimentato.
All’inizio dell’anno accademico avevo comperato una rubrica telefonica, di quelle obsolete con la copertina rigida e poche pagine per ogni lettera alfabetica; i nuovi lemmi li segnavo li, col significato a fianco, per cercare di ricordarmeli. Trovavo continuamente parole nuove (per me ‘nuove’) alcune facili, altre meno, e con ciò torno a dire che se avessi avuto padronanza di un qualche linguaggio antico – greco o latino - tutto sarebbe stato più intuitivo. Pazienza, che dovèmo fa? Mica per questo rinunceremo! Piuttosto continueremo a scrivere sulla rubrichetta.
Le radici delle parole hanno tutte un’origine. Quando mia figlia cambiò scuola per passare dalla seconda professionale alla terza liceo ha dovuto recuperare anche un esame di latino. All’esame la prima domanda fu: perché si studia latino? Rispose senza batter ciglio “perché è alla base della nostra lingua.”
Nella Grecia antica la parola in uso aveva – come ho imparato – un’arcaica coalescenza, termine coniato dal filosofo Guido Calogero, per indicare un modo di vivere che guardava al mondo senza distinzione tra il visibile, l’esistenza e il pensiero: per i greci si poteva vedere solo ciò che esisteva veramente, e dunque poteva essere pensato. Perciò il vocabolo era indissolubilmente unione dell’oggetto al linguaggio che lo descriveva e alla sua funzione, immediata al pensiero (logica, ontologia e linguaggio).
Un po’ come i soprannomi nei paesi dei tempi andati. Ogni famiglia ne aveva uno in base alle caratteristiche della famiglia stessa o di una persona di riferimento; nella mia Buscate, in provincia di Milano, sono ancora in uso. Per stirpe vieni riconosciuto in base al soprannome più che per il cognome che porti. Se nell’ambito di un discorso nomini un cognome, specie parlando con un anziano, ti ripete subito il soprannome per confermare che sa di chi parli.
I miei nonni per parte di madre erano pé gusu (piede a punta) ad indicare le scarpe eleganti portate da mio nonno la domenica, le scarpe della festa, indossate con orgoglio tolti i panni da contadino di tutti i giorni. Il mio ricordo più vivido dell'infanzia é nonno che mette noi tre sul carretto carico di fieno, trainato dal cavallo, e piedi a penzoloni facciamo ritorno dal campo alla casa dei nonni. L’altro soprannome paterno era cicòtu (ricordatevi le sputacchiere per il tabacco da fiuto e da pipa); nonno oltre a fumare era debole di bronchi – tutti in famiglia siamo deboli di vie respiratorie alte – ed ecco la doppia origine del soprannome. Vado assolutamente fiera di entrambi i soprannomi, li porto con lo stesso orgoglio riposto nelle scarpe di mio nonno. Noi tre figli siamo noti con il soprannome paterno (da piccoli con un vezzeggiativo).
Infine mi sento di dire una parola sulle lezioni del nostro Professor Spinelli, molto amato e seguito. Perché ci piacciono le sue lezioni? Perché sono approfondite ma con leggerezza. Ci butta qua e là un po’ di romanesco, un po’ di canto (come quando ci ha cantato l’inizio del gobbo di Notre Dame), qualche bella metafora o buffo esempio, risvegliandoci dal torpore con “è chiaro??!” al termine del concetto da tenere bene a mente. E quando sbagliamo a pensare che per gli stoici è importante l’anima ci dice che "stàmo a rota cò Platone” (il che è vero). In poche parole è un piacere seguirlo.
Abbiamo appena finito Aristotile e, posso dire? non mi piace! Non per questo non lo studierò - farò come per le parole nuove - ma é certo che ognuno di noi ha una preferenza tra i filosofi e la mia non é Aristotile. A quest'uomo piace il mondo materiale, le cose, le sensazioni, laddove di fondo io resto sempre un grandissimo Clematis: come potrei apprezzarlo? Posso capirlo, ma rimane distante da me ...
Da queste poche lezioni di primo anno mi è sembrato che anche nel mondo, nei diversi periodi storici, sia sempre avvenuta una sorta di alternanza, un avvicendarsi ciclico di materialismo e idealismo.
Comunque, so che sto avendo difficoltà per via dei paletti mentali miei: una specie di grata oltre la quale resto a fissare tra le sbarre. E' successo quando ho capito che la sua opera era di tipo sistematico. Ho preso a guardarlo di sguincio pensando: “ah, quindi é a lui che dobbiamo l’origine della parcellizzazione del sapere”, questa conoscenza suddivisa a scomparti, non più unitaria com'era all’Accademia di Platone. Se questo sapere enciclopedico é stato utile per un verso, dall'altro me lo rende difficile da digerire; parlare di una disciplina solo in virtù di studi e conoscenze approfondite della stessa - come del resto si fa oggi - appare riduttivo; il tecnico, il particolare, finisce inevitabilmente per mettere in secondo piano l’intero, la complessità, cosa che a me sta particolarmente a cuore.
Se ti occupi troppo del ramo, perdi di vista l’albero.
Mi sembra poi d'intuire che ci siano ancora gli stessi due tipi di umanità: quelli come Galileo, che per un bisogno puramente teorico non si accontentano di ciò che cade sotto ai loro occhi, e perciò vanno indagando più lontano, anche inventando teorie e strumenti; e gli altri, che non indagano al di là di una distanza che supera quella della vista, sembrandogli più interessante la sola spiegazione della distanza di prossimità, oltre la quale desiderano fermarsi. Che sia proprio il bilanciamento di questi due tipi a originare l’armonia? Forse Eraclito aveva ragione: bisogna cogliere la contrarietà, e questo m'è d’aiuto con Aristotile. C’è pure da dire che anche Aristotile, dopo aver reso la SOSTANZA PRIMARIA perfettamente spiegabile e predicabile, a un certo punto ha avuto bisogno di trovare in Natura l'Arché, la causa prima, quel PRIMO MOTORE IMMOBILE che generava il movimento nelle cose, e di certo non era materiale. Quindi mi diventa ancor più accettabile!
Come dice il Professore state a rota cò Platone.
Vero, ma personalmente più a rota co' Socrate.
V.
Nota: se ho detto qualche scemata nell’esporre, per favore fatemelo notare: sono pur sempre una matricola! Ce stà che sbaglio a capire cose. Grazie.