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di Valeria Ballarati

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Arancia Meccanica

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Avete già visto la pubblicità della linea di abbigliamento Arancia Meccanica? Dopo "Donna Loca" ci mancava.

Arancia Meccanica è un controverso film di Stanley Kubrik degli anni ‘70, vietato ai minori di 14 anni, sceneggiato a partire dal romanzo di Burgess.

E’ la storia di Alex e della sua banda di sanguinari adolescenti stupratori e drogati, degli spostati che hanno fatto di questo modus vivendi il loro credo. E’ un film che ho visto in più volte, un pezzo per volta, a causa della dose di violenza, aggressività e crudeltà gratuita che rigurgita da ogni scena.

 

Bè, una Azienda di Barletta ha pensato bene di prendere a nolo il brand e firmare così la sua linea di abbigliamento giovane: cosa li abbia portati a determinare questa scelta non mi è chiaro, o forse non ci arrivo. Magari erano finiti gli orsetti, le ranocchie, i pupazzetti … a volte i creativi vanno in crisi di identità … o forse dietro c’è uno studio preciso, chissà.

Personalmente mi urta: non mi piace l’associazione di idea che mi riporta all’istante alle scene di violenza del film. Alex mi faceva paura allora e continua a farmene anche adesso.

Non comprerei mai un capo di vestiario che rievoca il film, né permetterei a mia figlia di indossarlo (così come non compero scarpe “Donna Loca”).  E’ una linea di abbigliamento come ce ne sono tante e non ha nulla di particolare, se non il nome; forse il motivo della scelta è più semplice di quanto sembra: ad una linea “sciapa” va associato un brand forte!

Anche il messaggio di lancio, visibile sul sito istituzionale, a me sembra un niente secco:

“La sottile linea rossa tra tendenza e ribellione. Nessuna paura, zero incertezze. … dedicato a tutti quelli che non hanno paura di farsi male distruggendo il banale. Arancia Meccanica è il fashion che non ha paura di scendere a compromessi.”

Ma quale ribellione? Quale banale? Quali compromessi?

Oggi la ribellione è sottrarsi a questi giochetti, é NON essere violenti.

Certo che per la generazione di ragazzi a cui mira - che secondo me non ha nemmeno visto il film - non è facile sottrarsi alla milionaria campagna pubblicitaria infilata ad hoc nel loro format cult:  60 secondi, a metà pomeriggio, tutti i pomeriggi per una settimana intera all’interno del programma Amici.

Peccato che nessuno ricordi la fine di Alex, ma non importa, lo ricordo bene io: dopo il tentato indotto suicidio, viene obbligato a sua volta a subire violenze di ogni tipo e nel finale ritorna ad essere lo squilibrato che era, approvato da una società anch’essa totalmente squilibrata.

Stanley Kubrik, il regista, diceva: “L’uomo deve poter scegliere tra bene e male. Se gli viene tolta questa scelta egli non è più un uomo, è un’arancia meccanica”. E siamo d’accordo.

Però io nel suo film continuo a vederci solo della gran violenza.

Nella linea di abiti invece non ci vedo niente di nuovo. A parte la discutibile scelta del marchio.