Qualche giorno prima, scendendo dal treno, Paul Lambert* era andato a far visita al vescovo di Calcutta. Questi abitava in una bella casa di stile coloniale circondata da un vasto giardino in un quartiere residenziale. Era un angloindiano di una cinquantina d'anni, dall'aspetto maestoso nella sua tonaca bianca. Portava una calotta viola e l'anello episcopale di ametista al dito.
"Sono venuto a vivere con i poveri" gli aveva detto semplicemente il sacerdote francese. "Non stenterà a trovarli" aveva sospirato il prelato. "Purtroppo qui ci sono poveri dappertutto". E aveva dato a Paul Lambert due righe di raccomandazione per il parroco della parrocchia di un quartiere popolare dall'altra parte del fiume.
Con le sue torri dipinte di bianco, la chiesa situata nell'asse del grnde ponte metallico sull'Hoogly, proprio dietro la stazione, si vedeva da lontano. Era un edificio imponente, ricco di vetrate colorate. All'interno c'erano molte statue di santi , cassette delle elemosine, e ventilatori sopra i banchi riservati ai fedeli. Scritto a lettere luminose su tutta la larghezza del frontone, il suo nome "Our Lady of the Happy Voyage", sembrava una sfida lanciata alla moltitudine di senzatetto accampati sulla piazza e nelle vie adiacenti.
Padre Alberto Cordeiro era originario di Goa. Aveva la pelle molto scura e i capelli ricci pettinati con cura. Con le sue guance piene e la pancetta rotonda sotto una tonaca immacolata, faceva pensare più a un monsignore della curia romana che a un parroco dei poveri.
Nel cortile davanti alla chiesa era parcheggiata la sua macchina, una ambassador con radio, e numerosi servitori di religione cattolica gli assicuravano un'esistenza confortevole conforme alla sua condizione di parroco.
L'irruzione di quel prete straniero, in jeans e scarpe da ginnastica, sconcertò l'ecclesiastico.
"Lei non porta la tonaca?" chiese stupito. "Non é esattamente l'abito più comodo per viaggiare nel suo paese, sopratutto con un caldo a cui non sono abituato", spiegò cortesemente Paul Lambert. "Ah!" sospirò il parroco. "Voi occidentali potete permettervi questo genere di capricci: sarete sempre rispettati. Avete la pelle bianca. Mentre per noi, preti indiani, la tonaca é un emblema, oltre che una corazza. In questo paese che ha il senso del sacro , ci assicura un posto a parte". L'indiano lesse il messaggio del vescovo. "Vuole realmente andare a vivere in una bidonville?" - "Sono venuto per questo".
Padre Cordeiro parve scandalizzato. Con aria cupa e preoccupata si mise a camminare su e giù per la stanza. "Ma non é questa la nostra missione di sacerdoti! Qui non pensano che a divorarti. Se dai loro la punta di un dito , ti prendono subito tutto il braccio. No, mio caro, non si fa un favore andando a condividere la loro esistenza. Si rischia di incoraggiare la loro pigrizia latente, e di farne degli assistiti." Interruppe il suo andirivieni per andare a piantarsi davanti a Lambert. "E poi lei non resterà qua per sempre! Quando se ne tornerà inn patria, verranno da me a lamentarsi che il clero non fa niente per loro. Ma se noi, preti indiani, finissimo come loro, non ci rispetterebbero più".
L'idea di andare ad abitare in una bidonville evidentemente non aveva mai sfiorato Padre Cordeiro. Lambert avrebbe capito in seguito che il rifiuto di mescolarsi alla popolazione non nasceva da mancanza di carità, ma dalla preoccupazione, abbastanza diffusa nel clero locale, di mantenere una certa distanza dalla massa. Era un atteggiamento che derivava dal tradizionale rispetto della gerarchia nella società indiana.
Tratto da "La città della gioia" di Dominique Lapierre
* sacerdote cattolico giunto a Calcutta per andare a vivere ad Anand Nagar - la Città della Gioia - lo slum (bidonville) della città.