Finché c'é vita c'é speranza.
Il detto é molto antico ma vero solo per metà. Non basta infatti essere vivi per sperare: bisogna anche credere nella giustizia e impegnarsi a costruirla.
Non c'é speranza senza speranza di giustizia.
In un mondo d'ingiustizie sempre più intollerabili, la speranza rischia di diventare un bene alla portata di pochi. Vogliamo dire no a questa "falsa" speranza, esclusiva, fondata sulla disperazione degli esclusi. Ma sopratutto vogliamo esortare a costruire la speranza vera, la speranza di tutti.
E' un compito che richiede molto impegno. Non é sufficiente indignarsi, riempire le piazze, esibire mani pulite, un profilo morale trasparente. L'etica individuale é la base di tutto, la premessa per non perdere la stima di sé. Ma per fermare il mercato delle false speranze bisogna trasformare la denuncia dell'ingiustizia in impegno per costruire la giustizia.
Quarantacinque anni di faccia a faccia con le persone mi hanno insegnato che la strada dell'impegno é scandita da tre parole: CORRESPONSABILITA', COTINUITA', CONDIVISIONE.
Corresponsabilità é vivere in modo generoso il proprio ruolo di cittadini. E' sapere che le ingiustizie poggiano su cmplicità e silenzi, ma si avvantaggiano anche degli ostacoli di una legalità formale, scritta più nei codici che nelle coscienze. I codici sono importanti, sopratutto se garantiscono il bene collettivo, ma coscienze più inquiete, più coinvolte, più aperte al dubbio e alla ricerca di verità, non avrebbero permesso alla democrazia di ammalarsi.
Continuità é trasformare l'indignazione passeggera in sentimento stabile, in motivazione che nutre l'azione e si lascia nutrire dall'azione. Quanti indignati di ieri sono i rassegnati, o peggio, i cinici di oggi? a denuncia é certo necessaria, ma acquisisce pieno valore soltanto quando é seguita da una proposta e dall'impegno di portarla avanti.
Condivisione é sapere che da soli non andiamo da nessuna parte, ma nemmeno illuderci che da qualche parte possano andare i movimenti, i gruppi, le associazioni che si affidano ciecamente alle scelte dei propri leader. il "noi" cambia soltanto se esclude la delega. Non possiamo guarire dall'individualismo che ha minato le basi della nostra convivenza senza assumerci ciascuno la propria parte di responsabilità. L'individualismo ha minato la politica: in molti dicono di volere un cambiamento, salvo poi spendere più energie nell'affermare sé stessi che nell'impegnarsi a costruirlo. La politica non é un gioco di specchi narcisistici. La politica nasce quando la preoccupazione per la propria vita personale é sostituita dall'attenzione per il bene comune.
Etica e democrazia, Costituzione e legalità, immigrazione e sicurezza, crisi economica e vuoto dei diritti, mafie e disoccupazione, educazione e cultura. Saranno questi i percorsi della nostra riflessione.
Abbiamo cercato di non cadere in due "peccati" del sapere. Il primo é la superficialità, l'occuparsi dei problemi perché fanno "notizia", fanno "tendenza". Il secondo é il tecnicismo, quel parlare oscuro, per iniziati, che - come ci ha insegnato Primo Levi - é una delle forme più subdole del potere. "Peccati" che generano parole vuote o troppo specifiche, incapaci dunque di far capire e di far immaginare, cioé di suscitare speranza.
Ho scritto, non a caso, "abbiamo cercato".
Come per tutte le cose e le riflessioni fatte in questi anni, dietro a questo piccolo libro c'é un lavoro collettivo di cui qua e là si trovano tracce anche testuali. Dal gruppo Abele e Libera, sono debitore ai tanti amici e collaboratori che hanno compiuto insieme a me questo ormai lungo cammino, nella convinzione che obiettivi grandi o piccoli si possano raggiungere solo nella corresponsabilità, nella continuità, nella condivisione. (...)
Luigi Ciotti
Introudzione al libro La Speranza non é in vendita, Giunti, Edizioni Gruppo Abele