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di Valeria Ballarati

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Una poesia e un Racconto

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Una Poesia

Una poesia non deve magari raccontare una storia che ha un inizio, una parte centrale e una fine, ma per me deve muoversi, mantenere un passo vivace, emettere scintille. Può muoversi in qualsiasi direzione: indietro nel tempo, nel futuro più remoto, oppure deviare per qualche sentiero non battuto. Può addirittura smettere di essere legata alla terra e andare a cercare casa tra le stelle. Può parlare attraverso una voce dall’oltretomba o viaggiare in compagnia dei salmoni, delle anatre selvatiche  o delle cavallette. Ma non è mai statica: si muove. Si muove e, anche se può avere qualche elemento misterioso che pulsa la suo interno, il suo sviluppo è intrinseco, una cosa ne suggerisce un’altra. S’irradia – o perlomeno spero tanto che s’irradi.

Un Racconto

La definizione di racconto, secondo V.S. Pritchett,  è “qualcosa di intravisto con la coda dell’occhio, di sfuggita”. Prima c’è qualcosa di intravisto. Poi quel qualcosa vien e dotato di vita, trasformato in qualcosa che illumina l’attimo e forse finirà con l’insediarsi indelebilmente nella coscienza del lettore. Cercate di farlo diventare parte dell’esperienza stessa del lettore, come ha ben detto Hemingway. Per sempre, lo scrittore spera. Per sempre. Se siamo fortunati, tanto come scrittori che come lettori, finiremo l’ultimo paio di righe di un racconto e resteremo poi seduti un momento o due in silenzio”.