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di Valeria Ballarati

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L'acqua del sindaco

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L'acqua di casa é un bene prezioso.

Settecento campioni arrivati da tutte le regioni. I soci sono preoccupati soprattutto per il piombo, ma le analisi dicono che non ce n’è motivo.
 
Basta leggere i risultati delle analisi dell’acqua che arriva dalle case dei nostri soci per concludere che c’è in effetti una cosa che manca all’acqua del sindaco: la pubblicità. Per il resto non ha nulla da invidiare a quella minerale, anche se per legge siamo obbligati a definirla con un altro aggettivo: potabile. Oligominerale, con il giusto calcio e adatta alle diete povere di sodio: queste le sue qualità in gran parte dei casi. Di slogan per farla apprezzare agli idro-scettici ce ne sarebbero a iosa, se solo gli acquedotti avessero a budget la voce marketing e pubblicità.

Una marea di controlli
E invece spesso sul loro sito non pubblicano neanche una scheda con la descrizione delle caratteristiche dell’acqua che erogano e con i risultati delle analisi chimiche e batteriologiche, che pure fanno di continuo. Tra l’altro, sono pochi i cittadini che hanno un’idea di quanto numerosi siano i controlli e che la loro frequenza è tanto maggiore quanto più grande è la popolazione servita. Per esempio, a Milano l’acquedotto ogni anno esegue circa 18 mila analisi, mentre l’Asl (cui è affidato il compito di controllare l’acqua che arriva ai cittadini) ne compie altre 3.500: una media di oltre 50 controlli al giorno. A questi si aggiungono le ispezioni sugli impianti, per verificare che funzionino correttamente e siano in buone condizioni.

Una questione di gusto
Quando l’informazione manca, purtroppo finiscono per avere la meglio i luoghi comuni e la sfiducia sulla qualità dell’acqua pubblica. Mentre a guidare la scelta di bere acqua del rubinetto, una volta appurato che è buona, deve essere solo il gusto: mi piace oppure no? Bisogna evitare che siano i dubbi sulla qualità a costringerci a caricarci in spalla casse di acqua minerale ogni volta che facciamo la spesa, a spendere ogni anno 300 euro che potremmo risparmiare e a scaricare nell’ambiente miliardi di bottiglie di plastica, i cui costi di smaltimento, molto alti, finiscono nelle nostre bollette.

Gli esami che sciolgono i dubbi
Per tutti questi motivi, due anni fa, in occasione della campagna “Bevi l’acqua di casa”, abbiamo deciso di offrire ai soci un servizio unico e personalizzato per rispondere a particolari problemi locali: la possibilità di far analizzare l’acqua che arriva nelle loro case da un laboratorio specializzato, indipendente e affidabile, a un prezzo scontato. Le analisi sono state divise in diversi pacchetti. Quello “base”, per avere un’idea generale dell’acqua, è obbligatorio. Gli altri (su parametri organici, inorganici, metalli pesanti) sono facoltativi. Chi non sa quali specifici parametri far analizzare non deve preoccuparsi. Basta marcare sul sito le affermazioni corrispondenti ai diversi problemi riscontrati nell’acqua del rubinetto, perché appaia il suggerimento su quale tipo di analisi chimico-fisiche far eseguire e il relativo prezzo. Per esempio se si spunta l’affermazione “l’acqua di casa ha un colore rosso/bruno” saranno automaticamente selezionate nel preventivo, oltre al pacchetto base, anche le analisi su ferro e manganese. Non si fa riferimento a parametri microbiologici, perché questi esami sono possibili su campioni prelevati da personale esperto, dal momento che la fase di raccolta negli appositi contenitori è particolarmente delicata e decisiva per l’esito delle analisi. Possono essere sottoposte ad analisi solo acque di acquedotto o destinate al consumo umano (quindi niente acque di pozzi o cisterne). Ricordiamo che queste analisi non hanno la pretesa di sostituirsi ai controlli
effettuati dalle Asl. Se però l’esito rivela parametri fuori norma, i soci hanno nelle mani un certificato emesso da un laboratorio indipendente per chiedere spiegazioni al gestore del servizio idrico (acquedotto). Se alla vostra lettera o email non ricevete risposta, l’anomalia va segnalata all’Asl. Ovviamente, l’acquedotto non può erogare acqua con parametri fuorilegge, a meno che non siano in vigore in quella regione speciali deroghe.

 

Togliersi un peso (di piombo)
A tutt’oggi sono state 682 le analisi effettuate su campioni provenienti da tutte le regioni d’Italia, segno che il servizio è stato accolto con molto favore dai soci. Che hanno così voluto dare una risposta a quanti seminano sospetti, come quello sintetizzato nella frase: «L’acquedotto ti garantisce la qualità dell’acqua fino al contatore, ma chi ti dice che poi le tubazioni condominiali non rilascino sostanze pericolose?». Un argomento cavalcato, guarda caso, dai venditori di filtri domestici per l’acqua, oltre che dai marchi di acqua minerale. Perciò non c’è da stupirsi che il piombo sia il parametro più richiesto. I risultati dimostrano che si tratta di una paura infondata. Può riguardare solo edifici costruiti prima degli anni Trenta e mai ristrutturati nella rete idraulica. Il consiglio è di non richiedere l’esame di questo parametro se se non si abita in una casa d’epoca con vecchie tubazioni.

Un calcio ai pregiudizi
Anche sul calcare le idee sono molto confuse: l’opinione comune vuole che l’acqua potabile sia causa di calcoli o di problemi alla digestione perché troppo ricca di calcio. È una bufala. Le acque più dure della media non creano danni alle persone, ma agli elettrodomestici (incrostazioni). Le acque troppo dolci non danno per contro l’apporto di minerali necessario alle funzioni vitali. Motivo per cui su calcio e durezza non è previsto alcun limite di legge. Anzi, diverse acque minerali sono più dure di quanto lo sia la media delle acque potabili. È la Campania, secondo le nostre analisi, la regione in cui l’acqua è mediamente più dura, mentre le acque più dolci sono in Sardegna, Liguria e Piemonte. In quest’ultima il dato è alterato dal fatto che diversi soci, contrariamente a quanto da noi raccomandato, hanno fatto analizzare acque che hanno subìto un addolcimento domestico con dei filtri: non si tratta in definitiva di dolcezza naturale.

Arsenico e vecchi sospetti
L’arsenico è, dopo il piombo, il metallo che più preoccupa. La Commissione europea ha bocciato le vecchie deroghe, costringendo l’Italia ad attenersi alle norme che prevedono un limite massimo di 10 microgrammi per litro. Erano 128 i Comuni a cui era concesso un limite fino a cinque volte superiore, una quantità giustamente ritenuta molto rischiosa per la salute dei cittadini. Le deroghe purtroppo non sono sparite: sono state ridotte a un livello massimo di 20 microgrammi per litro e fino alla fine dell’anno appena trascorso. L’acqua «in deroga», però, non deve essere utilizzata per il consumo potabile dei neonati e dei bambini fino a tre anni (i soggetti più a rischio di conseguenze). I Comuni si stanno gradualmente adeguando con interventi di filtrazione o di diluizione dell’acqua con altre fonti a più bassa concentrazione per rispettare il nuovo limite di 10 microgrammi. Sono 16 i campioni che nelle nostre analisi lo hanno superato, tutti provenienti dal Lazio, tranne uno che arriva invece dalla Lombardia. Nessuna sorpresa, perché si tratta di Comuni inseriti nella lista delle località che hanno richiesto una deroga sull’arsenico, di cui i cittadini dovrebbero essere a conoscenza.

Fonte

 

Commento: ricordiamo anche la faccenda di tale famosa acqua (pubblicizzata da famoso calciatore ed ex miss) che per farci business si ciucciava la fonte di altrettanto nota comunità locale, che si é giustamente arrabbiata e mobilitata perché di acqua non ne aveva più, riuscendo a riavere in parte la sua fonte naturale. L'acqua potrà pure essere un marchio ma non potrà mai essere un brevetto, non può esserlo.

La storia del comitato la trovate  qui