“Il settore della ricerca cognitiva è in rapida evoluzione. Nuove tecniche e strategie per la ricerca su umani e animali non-umani sono state sviluppate in abbondanza. Di conseguenza, sono ora disponibili maggiori dati, che impongono una rivalutazione dei precedenti preconcetti in questo campo”.
Così si apre la Cambridge Declaration on Consciousness, una dichiarazione firmata lo scorso mese da numerosi scienziati, che per la prima volta cerca di mettere un punto fermo sulla questione della coscienza negli animali. “Consciousness” è del resto un termine difficilmente traducibile in italiano: coscienza, infatti, il termine più vicino nella nostra lingua, dà più l’idea del possesso di un’etica e di una morale, concetti che sappiamo essere esclusivamente umani. È la consapevolezza di sé, il possesso di facoltà cognitive, a essere invece patrimonio della maggior parte degli animali, sostengono gli scienziati. Recenti ricerche hanno dimostrato che numerose specie di uccelli, tra cui le gazze, possiedono raffinate abilità cognitive.
Riunitisi in una grande conferenza all’Università di Cambridge sulla consapevolezza negli umani e negli animali in memoria di Francis Crick, lo scopritore della doppia elica del DNA e tra i primi neuroscienziati moderni, gli studiosi – neuroscienziati cognitivi, neuroscienziati computazionali, neuroanatomisti, neurofarmacologisti e neurofisiologi – si sono trovati d’accordo sul fatto che non solo esseri umani e primati, ma anche tutti i vertebrati e almeno un invertebrato, il polpo, possiedono strutture cognitive analoghe a quelle umane.
Esperimenti sulla corteccia cerebrale degli animali hanno infatti dimostrato che aree del cervello uguali a quelle umane regolano gli stessi comportamenti e le stesse sensazioni. Gli animali possiedono i concetti di premio e punizione, e li usano per apprendere come comportarsi nell’ambiente che li circonda. Molti animali, inoltre, possiedono capacità decisionali, abbastanza sviluppate da permettere loro di fare progetti per realizzare un obiettivo, come per esempio trovare il modo più semplice per prendere il cibo.
Non solo. Negli ultimi anni, affermano gli studiosi, si è scoperto che i circuiti cerebrali di mammiferi e uccelli sono molto più simili di quanto precedentemente supposto. Sono noti gli studi compiuti sui corvi, che hanno dimostrato una loro spiccata intelligenza. La specie che più ha colpito i neuroscienziati è però il pappagallo cenerino, nativo dell’Africa, che ha dimostrato non solo di saper ripetere parole umane, ma anche di comprendere il significato di alcune di esse, e di possedere un proprio vocabolario. Gli uccelli in generale hanno dimostrato di avere in comune con gli esseri umani il sonno REM, ossia la capacità di sognare. E alcuni di essi, come le gazze, “hanno dimostrato incredibili somiglianze con gli umani, le grandi scimmie, i delfini e gli elefanti negli studi sull’autoriconoscimento allo specchio”.
No, i polpi non possiedono capacità predittive, ma la loro intelligenza è molto più sviluppata di quanto pensiamo.
Di questi ultimi sapevamo tutto sulle loro abilità cognitive, ma che dire dei polpi? A parte le storie sulle capacità predittive del famoso polpo Paul, che avrebbe azzeccato tutte le partite dei Mondiali del 2010 (inutile dire, storie destituite di ogni fondamento scientifico), studi recenti hanno dimostrato che i polpi possiedono comportamenti davvero singolari: alcuni di essi, per esempio, mettono da parte i gusci delle noci di cocco per usarli come rifugi di emergenza da portare con sé. Altri sono capaci di raccogliere il giusto numero di pietre necessarie per restringere l’ingresso delle loro tane. Numerosi studi hanno inoltre evidenziato la loro sofisticata capacità di orientamento e memoria, e il cambiamento di comportamento che avviene allorquando i polpi, sottratti all’ambiente naturale, sono rinchiusi in aree prive di stimoli, come barili pieni d’acqua: si potrebbe dire che, analogamente agli esseri umani, i polpi si annoino e cadano in depressione. Fonte
Commento:
notizia di inizio luglio passata in sordina, come qualcuno giustamente fa notare.
E' facile capire perché non le é stato dato il giusto risalto: é una notizia bomba, una di quelle capaci di stravolgere equilibri e affari. Provate a pensarci: con quale fegato una persona normale mangerebbe un pezzo di vitello, pollo, o qualsiasi altro animale sapendo per certo che capiva, ha sofferto e si é disperato vedendo che sarebbe stato ucciso?
Davvero saremmo ancora in grado di mangiare esseri senzienti?
Ecco perché la notizia non si diffonde: può innescare un grande cambiamento sociale.
Perchè se pochi, là in alto, tirano le file del mondo guardando esclusivamente al guadagno, altri e molti, qui in basso, sono ancora in grado di aprire il loro cuore e le sorti del mondo cambiarle davvero. Se ciò avvenisse sarebbe la fine del business sulla pelle degli animali, la fine delle loro sofferenze e (finalmente!) il riconoscimento del loro diritto a vivere, pari al nostro.
E' così tanto tempo che gli animalisti lo dicevano e ora c'é il supporto della scienza.
Che dite? La facciamo girare questa notizia?