E’ ufficiale: lo zucchero di canna bruno del commercio equo non modifica il sapore del ciambellone. Adesso lo sappiamo per certo dato che Antonietta ieri l’ha fatto e me ne ha portato un pezzo da assaggiare; non solo, con questo tipo di zucchero l’impasto risulta più fluido e più morbido.
I miei clienti sono la mia ricchezza.
Non ne parlo dal punto di vista economico ma da quello umano: in negozio si sono creati rapporti che vanno al di là della vendita e capita che Dana arrivi con la sua meravigliosa insalata di patate, crauti e rape rosse venuta talmente bene che doveva farmela assaggiare; o che Paolo mi porti i muffin vegan fatti con lo yogurth di soya che gli ho regalato perché vicino alla scadenza; o che Antonietta venga col gatto, guarito coi Fiori di Bach che avevamo studiato per lui; o ancora che Vitaly decida di ringraziarmi dipingendo un quadro per me.
A volte chiacchieriamo soltanto: con Fiorella e Pino, Tonino e Gianna, Donatella e Francesco, le due Alessandra, Fabiola, Marcella, Fiore, Paola, la Sig.ra Guidi, Annarita, le due “sorelle anziane” Franca e Claudia e ancora Rossana e Bruno, Roberto e Valentina, Enza.
Ci chiamiamo per nome e la differenza è tutta li.
In effetti io SONO il commerciante atipico … ma anche i miei clienti lo sono!
Prima che consumatori siamo “persone”.
Fare bene il commerciante è di più che vendere: é riuscire a darti quello che ti serve, perché ti serve. Io non me la sento di darti una cosa tanto per dartela, non mi interessa, voglio piuttosto esserti utile e passarti, nel caso, anche la conoscenza che ho di quello che sto per venderti. Per questa ragione cerco le informazioni e controllo bene gli ingredienti prima di mettere qualcosa di nuovo sullo scaffale, per evitare che questo lavoro lo debba fare tu che magari non hai tempo, non ne hai voglia o semplicemente non hai le conoscenze e DEVI fidarti.
Quando mi propongono un prodotto nuovo e scopro qualcosa non va, scrivo alla ditta motivando LE RAGIONI per le quali non lo acquisterò; quando ho dei dubbi sui prodotti cosmetici e sulle erbe mi faccio aiutare da due persone più esperte di me, sempre nell’ottica di riuscire a dare un servizio buono.
Mi sembra che così il lavoro sia ben fatto e forse è per questo che il negozio cresce e i rapporti umani si consolidano.
Con i nuovi clienti parliamo spesso dei prezzi, maggiormente ora, in questo periodo di difficoltà economica del nostro Paese. C’è chi dice che questo, quello o quell’altro prodotto costano troppo. Ma troppo rispetto a cosa?
Rispetto alla grande marca che paga poco il raccolto alle popolazioni locali, sfruttandole e guadagnando tutto lei? O rispetto all’altra grande marca che vende un prodotto orribile ma tempestandoti di pubblicità (costosissima alla tv, facendola alla fine pagare a te) ti fa pensare che quello sia il miglior prodotto al mondo? Salvo poi leggere bene gli ingredienti sull'etichetta ...
Se un prodotto costa troppo poco c’è qualcuno che ci sta rimettendo.
E se noi sei tu che ci rimetti in qualità, c'é qualcun altro che ci rimette in diritti, quando non sono l’ambiente o gli animali a farne le spese. Alcune volte anche tutti insieme.
I prezzi del biologico non sono alti rispetto ai prodotti di qualità che acquisti: un prodotto che ha meno resa sul terreno coltivato, che utilizza materie prime e tecniche di lavorazione più costose ma che proteggerà te e quel pezzo di terra, ti nutrirà e sarà buono al gusto.
Il termine di paragone non può esistere.
Ma queste disquisizioni sono gradite e sono il "sale" del negozio. Altra faccenda sono invece i clienti “strani” che mi capita di incontrare.
Un paio di giorni fà ad esempio una Signora mi ha mandato a quel paese (per dirla gentilmente) solo perché non le ho cambiato un prodotto cosmetico – un doposole, per il viso - che aveva acquistato qualche giorno prima. Non ho l’abitudine di cambiare i cosmetici, lo trovo poco serio e non li cambio per una questione di rispetto: voglio vendere un prodotto integro e nel pieno delle sue caratteristiche.
Al di là del fatto che non sono tenuta a cambiarlo, non me la sento di rimettere sullo scaffale qualcosa dopo che è uscito di qui, del quale non posso sapere la storia: se è stato aperto, dove è stato conservato, l’uso che se ne è fatto. Alcuni prodotti hanno scadenza 6/12 mesi dall’apertura e il solo fatto di sentirne il profumo li altera, perché si ossigenano. Quindi, per rispetto di tutti non li cambio.
Trovo strano che alcune persone anziché sentirsi tutelate da questo mio modo di agire, pensino che io stia facendo loro una indelicatezza. Ma questo non è un problema mio, è piuttosto un problema loro.
Avere a che fare con le persone mi ha aiutato a comprenderle maggiormente, a capire un po’ di più i modi di dire e di fare: anche questo è il bello di essere un negoziante. Ci sarà tempo di raccontarvi altri episodi, vecchi e nuovi. Ora ho un blog!