NAPOLI - La condanna in Appello dei fratelli Pellini a 7 anni di reclusione per disastro ambientale al processo scaturito dall’inchiesta “Carosello-Ultimo atto” arriva sul filo della prescrizione, una vittoria per i comitati di Acerra che temevano proprio l’allungamento dei tempi del processo.
Il dispositivo
La IV sezione penale di Corte d’Appello di Napoli ha condannato a 7 anni di reclusione Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini, già riconosciuti colpevoli di traffico illecito di rifiuti in primo grado, per il reato di disastro ambientale aggravato, accusa quest’ultima che invece nel primo giudizio era caduta. Dichiara di non doversi procedere invece per l’associazione semplice per «avvenuta prescrizione»; dichiara di non doversi procedere nei confronti di Giuseppe Buttone sempre per avvenuta prescrizione; e assolve Vincenzo Lubrano Lobianco, titolare di una cava-discarica di Bacoli, Fulvio Isè e i carabinieri Vincenzo Addonisio e Giuseppe Curcio perché «il fatto non sussiste». Lanciava un appello perché si facesse presto contro la prescrizione, ed oggi esulta per la sentenza, Alessandro Cannavacciuolo, il nipote di uno dei pastori acerrani avvelenati dalla diossina: «Processo all’ecomafia, arriva una sentenza storica in memoria dei martiri per cancro di ieri oggi e domani». E l’avvocato di parte civile Domenico Paolella aggiunge: «Una sentenza importantissima, perché per la prima volta è riconosciuto il disastro ambientale aggravato. Si stabilisce un nesso tra il traffico illecito di rifiuti ed i danni all’ambiente. E con questa sentenza si allontana il rischio della prescrizione, che sarebbe stata una beffa».