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di Valeria Ballarati

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Cesar Millan l'addestratore violento e l'ascolto degli animali

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Ci son voluti dei giorni per preparare questo scritto. Ci ho messo un po’ di tempo perché non me la sentivo: parlare dei metodi di addestramento brutali di Cesar Millan voleva dire andare incontro al una sofferenza certa ed era una prospettiva per niente allettante.

Negli ultimi giorni però sono entrata direttamente in contatto con la stima che alcune persone mostravano verso quest’uomo, meglio conosciuto come lo psicologo dei cani,  the Dog Whisperer nella nota trasmissione di National Geographic, e mi sono parecchio agitata. Non riuscivo a passare sopra al sentimento di ingiustizia e di impotenza, alla sofferenza provocata appositamente, e questo è stato lo stimolo alla nascita dell’articolo. Un testo scritto a tre mani, essendo la mia competenza non specifica in materia, con la supervisione di due specialisti del settore:  Elisabetta, medico veterinario a Bergamo, e Francesca, educatrice cinofila a Schio.

Nonostante Millan si definisca un “addestratore di cani” siamo in molti a credere che non lo sia:  è soltanto un uomo violento con gli animali e chi lo segue fa un errore grossolano, principalmente dovuto al non riconoscimento della violenza che viene generata ed esercitata.

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Davanti e dietro

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A proposito di un’intervista
di Marco Travaglio | 20 giugno 2012

Cari amici del blog, del Fatto e de ilfattoquotidiano.it, non ho ritenuto finora di rispondere alle critiche di alcuni di voi alla mia conversazione con Beppe Grillo perché, quando diciamo che i lettori sono i nostri unici padroni, non lo diciamo per scherzo, ma sul serio. Quindi chi legge il Fatto ha il sacrosanto diritto di criticarci e noi giornalisti del Fatto dobbiamo tener conto delle critiche, anche quando ci sembrano ingiuste e non le condividiamo. Tutt’altra faccenda è se quelle critiche arrivano da giornalisti servi che non hanno mai fatto una domanda in vita loro perché non sanno proprio che cos’è: in quel caso mi incazzo e rispondo per le rime. Quindi se mi occupo, per la prima e l’ultima volta, delle critiche alla mia chiacchierata con Grillo, non è per giustificarmi, visto che non ritengo di avere nulla di cui giustificarmi. E’ soltanto per spiegare come sono andate le cose, anche se credevo che fosse chiaro dal testo della chiacchierata.

 

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La Teresa di Antonio Provasio

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Antonio Provasio recita in legnanese. Fa il tutto esaurito nei teatri e ascolti record su Raidue. Perché racconta la vita del cortile, quando non avevamo niente eppure credevamo di avere tutto


Antonio Provasio è nato nel 1962, eppure il boom economico non sa che cosa sia, non l’ha visto. «Sono cresciuto nel cortile, una casa di ringhiera in via Roma, a Legnano. I miei genitori erano operai al cotonificio Cantoni. Appartengo all’ultima generazione di italiani che non hanno avuto il cesso in casa. Per raggiungerlo bisognava scendere una rampa di scale. Ma ci consideravamo privilegiati: era tutto nostro, chiuso a chiave. Le altre 12 o 13 famiglie, per lo più immigrati meridionali, usavano i gabinetti comuni. Nella corte io ero il solo figlio unico. I miei compagni di gioco avevano chi sette, chi otto, chi nove fratelli. Ero anche il solo a far merenda: pane bagnato nell’acqua e spolveratodi zucchero. Alle16 gli amici mi guardavano con invidia, provavo disagio. Allora mia madre li chiamava e dava una fetta zuccherata anche a loro. Il primo ad arrivare era Fausto, un siciliano di 4 anni, ultimo di otto fratelli. Lo ricordo perché aveva sempre la candela al naso. In un baleno ingoiava pane, moccio, tutto. Nel cortile non c’erano porte chiuse a chiave, a parte quella del nostro cesso. E del resto un ladro che cosa avrebbe potuto rubare? Nella bella stagione, il sabato pomeriggio mio padre mi portava col motorino a fare il bagno nel canale Villoresi, nel senso che mi lavava col sapone nelle rogge. Ero felice».

 

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Le parole e il silenzio

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(...) Monte Oliveto ha il suo rumore: il vento.

Vetno sui cipressi del viale che dall'ingresso, dove c'é il ristorante e il parcheggio per i visitatori, conduce giù veso l'abbazia e, accanto, alla foresteria. Venti che, quando sali nella cella che ti viene destinata al primo piano, senti che si azzuffano nella vallata che sprofonda rapida. Refoli che si inseguono veloci lungo i colli brulli delle crete dove il grano, il vigneto, l'ulivo cedono il passo al pascolo. Di tanto in tanto, all'inizio di qualche strada sterrata al lato di quella che porta all'abbazia, vedi un annuncio che propone il "pecorino delle crete" prodotto dai pastori di qui. (...) Vedo l'elenco di nomi e ripenso all'incontro di Poggibonsi sullo spaesamento.*

Mi balena in testa che, tanto per cominciare, per difendersi dallo spaesamento occorrerà da parte di tutti, o almeno di molti, imparare di nuovo a dare i nomi precisi alle cose. I nomi esatti ai gesti, ai lavori, ai luoghi. A quanto prova il cuore e a quanto passa per la testa.

 

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Terremoto e trivellazioni

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30/05/2012

By Franz Mannino

Nei giorni che hanno preceduto il terremoto in Emilia si sono susseguiti alcuni eventi, di ben diversa natura ma comunque saldamente legati a quel territorio, che sono stati ripresi dalle maggiori testate nazionali.
Andiamo per ordine: Il 17 febbraio 2012, i Ministri dell’Ambiente e dei Beni Culturali Corrado Clini e Lorenzo Ornaghi hanno decretato la compatibilità ambientale e la conseguente autorizzazione di opere di indagine geologica (cioè trivellazioni con uso di cariche esplosive e pompaggio di acqua ad alta pressione), allo scopo di verificare la realizzabilità di un gigantesco deposito di gas metano, nel sottosuolo dei comuni di San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Camposanto, Medolla, Mirandola e Crevalcore, all’interno di una altrettanto gigantesca cavità naturale situata a quasi tre chilometri di profondità ed in grado di servire allo stoccaggio di 3,2miliardi di metri cubi di gas metano (equivalente al volume di un’enorme sfera dal diametro di quasi 2km).

 

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