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di Valeria Ballarati

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Inghiottiti dal metaverso: i rischi di un mondo visto con gli occhiali “intelligenti”

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Attraverso gli smart glasses molti stanno pensando di leggere la meta a cui stiamo tendendo: il metaverso: qualcosa in più di un mondo virtuale, una realtà estesa, un cyberspazio comune in cui balzare da un’attività all’altra muniti solo di avatar. Quali sono i rischi?

La notizia della collaborazione tra Facebook e Luxottica ha rimbalzato ovunque, non tanto per il prodotto in sé, quanto più per la direzione che il prodotto annuncia. Con i Ray-Ban Stories puoi scattare foto (di qualità molto discreta) e condividerle direttamente sui social. È, inoltre, possibile ascoltare musica, comunicando con l’oggetto tramite assistente vocale.

È evidente che non siano propriamente rivoluzionari. Allora perché hanno fatto tanto parlare di sé? Attraverso gli smart glasses molti stanno pensando di leggere la meta a cui stiamo tendendo: il metaverso, progetto già da tempo svelato da Zuckerberg. Non solo i Ray-Ban, ma tutto quanto sembra suggerirci un futuro tecnologico simile. La vita intera finirà per assumere i connotati della gamification? In questo articolo descriverò alcuni prodromi del metaverso e le sue possibili conseguenze.

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L'arte è merce

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Jeff Koons e Cattelan resteranno come Michelangelo e Caravaggio? Se lo domanda Roberto Gramiccia, cercando di capire quando l'arte, mercificata, ha smesso di rappresentare il mondo e l'uomo.

La bellezza può salvare il mondo. Così un secolo e mezzo fa Dostoevskij assegnava al linguaggio profetico dell’arte un traguardo sublime di liberazione e speranza. Centocinquantanni dopo, nel suo saggio Arte e Potere (Ediesse, 219 pagine,13 euro) Roberto Gramiccia, medico, collezionista, critico e scrittore ribalta questa prospettiva. La trasforma in una domanda provocatoria che battezza nel sottotitolo il suo libro: «Il mondo salverà la bellezza?». E capovolge completamente l’orizzonte. Trascina chi ne condivide l’urgenza dall’estetica alla politica. Perché è il mondo che va cambiato, sottratto alla voragine di senso in cui è sprofondato: il capitale che consegna l’esclusiva del comando alla finanza, alla mitologia del pensiero unico e del libero mercato, la diseguaglianza sociale che cresce a dismisura, l’uomo che perde il controllo del proprio destino. E l’arte che si accoda, si rassegna ad essere merce, una variabile del sistema che abdica alla profondità, alla storia, alla realtà. Rinuncia a farsene con l’immaginazione contrappunto e misura, continuando a cercare nella sfida alla morte la sua ragion d’essere.

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Tra il dire e il fare c'è di mezzo il virus

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Nel paese della bugia, la verità è una malattia.
Non ha vaccino, non ha cura e neanche a metri si misura.
La verità è presagio solo di buona sorte e ai bugiardi
non rimane che tenersi il naso lungo o le gambe corte.

Gianni Rodari

Premessa
In Italia da qualche tempo, adducendo motivazioni legate all’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da coronavirus, è in atto una limitazione sempre maggiore delle legittime libertà individuali umane. Lo strumento utilizzato è il famigerato certificato digitale denominato green pass.

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il green-OPTICON

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Un intellettuale televisivo ha affermato ineffabile, parafrasando Pasolini, che “Bisogna ritrovare quel senso poetico di amore verso la scienza e le istituzioni”.

Premesso che l’idea che Pasolini aveva della scienza e delle istituzioni era tanto complessa quanto lontana da quella del suo (e del nostro) tempo, ci sarebbe da chiedersi se il “senso poetico di amore” di cui parla il nostro intellettuale sia davvero giustificabile in una società che, nell’era post-Covid, si avvia ad essere ricostruita secondo il Panopticon (esplicitato dalla foto di copertina).


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PI GRECO

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Storia di un professore di matematica che un giorno, per spiegare a una classe parecchio rumorosa e maldisposta il Pi greco, disse più o meno questo:


«Il Pi greco, come sapete, è il rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro. Se mettete in fila tre diametri, ottenete “quasi” la circonferenza, poiché ne manca un pezzettino. Piccolo, piccolissimo, ma manca.

Il Pi greco ci parla di noi, ci dice cosa siamo: esseri imperfetti, destinati per l’eternità a cercare qualcosa che ci manca. Per secoli si è cercato di determinare in modo finito quel decimale che manca, ma si è scoperto che quel numero è … infinito.

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