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di Valeria Ballarati

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Costruiamo la pace

L’ODIO UNA STUPIDA PATOLOGIA

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Ripropongo questo articolo del prof. #VitoMancuso pubblicato su Il Foglio nel gennaio 2019, dalla sua pagina Fb.

«Un sindaco dalla politica aperta e solidale viene accoltellato a morte nella città di Solidarnosc. Un terrorista criminale arriva in Italia e molti digrignano i denti che se solo potessero lo azzannerebbero fino a sbranarlo. Nelle curve degli stadi si sprecano inni razzisti e antisemiti. Alcuni ragazzi prendono un cane e gli fanno esplodere un petardo nella bocca. Sono solo alcuni esempi recenti di una passione distruttiva e assassina che pervade la nostra storia: Caino uccide Abele, Romolo uccide Remo, Eteocle e Polinice si uccidono a vicenda, Socrate viene ucciso dai democratici, Gesù viene ucciso dai teocratici e dagli imperiali, a Cicerone i sicari di Antonio mozzano le mani e la testa, e poi? Poi guerre a non finire, pulsioni ataviche di vendetta, esecuzioni capitali che radunano folle urlanti di piacere sadico, e non apro nemmeno il capitolo della storia del ’900 perché tutti sappiamo già quanto sangue e quanto odio contiene. L’odio, appunto.

C’è poi anche la sua versione fredda, quella che corrisponde ai gironi infernali dove i dannati sono imprigionati nel ghiaccio, e che si esprime in quella voce maligna che, di fronte a una nave di esseri umani con la pelle di diverso colore che chiedono solo di poter sbarcare, sussurra gelidamente: che muoiano tutti affogati, o di fame, di freddo, che crepino!

La domanda a questo punto è semplice: che ruolo ha l’odio nella struttura del mondo? E’ qualcosa di congenito, di strutturalmente presente, e quindi di naturale? Oppure è qualcosa di non congenito, di sopravvenuto, e quindi di innaturale? Cosa ha a che fare l’odio con la logica della vita nel mondo?

La mia risposta va controcorrente, è inattuale, è una sfida, perché sostiene che l’odio non è naturale ma è una patologia, e che quindi il suo dissolvimento, che possiamo anche chiamare perdono, è un ritorno alla fisiologia, cioè una guarigione.

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La storia della matita

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La matita perfetta | QualitativaMenteIl bambino guardava la nonna che stava scrivendo la lettera.

A un certo punto, le domandò:
“Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me.”

La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: “È vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto. ”

Incuriosito, il bimbo guardò la matita, senza trovarvi alcunché di speciale.
“Me è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita! ”
“Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza sarai sempre una persona in pace col mondo.


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The chosen

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The Chosen è il primo adattamento sul ministero di Gesù e su come cambia drasticamente la vita delle persone che lo incontrano. È stato finanziato tramite crowdfunding ed è diventato rapidamente un fenomeno con oltre 430 milioni di episodi visti. La serie mostra un Gesù umano come non si era mai visto prima: caloroso, umoristico, invitante. E così irresistibilmente divino che si capisce perché la gente abbandona tutto per seguirlo.


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Il Tempo della Vita

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La verità è che non hanno capito perché siamo qui. Noi non difendiamo solamente il diritto di godere di una pausa della nostra esistenza, ma soprattutto, affermiamo che il tempo della vita, quello che conta, non è solamente quello considerato “utile”, perché dedicato a produrre. Il tempo che passa non è solo quel tempo vincolato e socialmente utile, il tempo del lavoro, ma anche il tempo libero. Il tempo libero non è un momento di inattività, ma un tempo di cui noi possiamo disporre quando possiamo decidere noi cosa fare, vivere, amare, anche non fare nulla, prendersi cura dei nostri cari, leggere poesie, dipingere, cantare, oziare. Il tempo libero è il momento in cui possiamo essere totalmente umani. Ecco di cosa parliamo.

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PROGETTO DI UNA FORMAZIONE DI INFERMIERE DI PRIMA LINEA

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L'infermiere soldato | Nurse Times(tratto dagli scritti di Londra e dalle ultime lettere – tradotto da Giancarlo Gaeta)

Il progetto di Infermiere di Prima linea proposto da Simone Weil era stato valutato favorevolmente in un rapporto della Commissione Senatoriale per l’esercito del Ministero della Guerra francese nel maggio 1940. 

Riguardava la formazione di un gruppo di infermiere, mobili e operative nei punti pericolosi, per portare un primo soccorso ai caduti e feriti nella piena battaglia. Inizialmente un gruppetto di 10 unità avente conoscenze elementari da infermiera (fasciatura, lacci emostatici, iniezioni, uniche necessità applicabili in battaglia) ma con qualità morali indispensabili. Simone pensava che chi si offriva volontariamente ne sarebbe stata in possesso, poiché l’orrore della guerra era già un forte deterrente.

Sembrava a prima vista un progetto impraticabile perché nuovo, mentre era fattibile e facile da realizzare. Se falliva non avrebbe avuto inconvenienti; se avesse avuto successo i vantaggi erano al contrario considerevoli.

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