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di Valeria Ballarati

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Gli italiani e la povertà

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Gli italiani e la povertà nata dalla ricchezza

Questa storia che gli italiani stiano diventando poveri, di una povertà insopportabile, mi convince fino a un certo punto. Nei ’50, a parte una sottile striscia di alta borghesia che si guardava bene dall’ostentare, eravamo tutti più poveri della media di coloro che oggi sono considerati tali.

Certo, avevamo molte meno esigenze. I bambini non venivano iscritti ai corsi di tennis, di nuoto, di danza. Noi ragazzini giocavamo a pallone nei terrain vague dove anche ci scazzottavamo allegramente (era la nostra “educazione sentimentale”) e tornavamo a casa la sera con le ginocchia nere e sbucciate (chi mai riesce, oggi, a vedere un bambino, vestito col suo paltoncino, come un cane di lusso, con le ginocchia sbucciate?). A nuotare (parlo di Milano) si andava all’Idroscalo oppure, durante le vacanze scolastiche, accompagnati dalla mamma (il padre rimaneva in città, perché allora per mantenere la famiglia bastava uno solo) sulla Riviera di Ponente. Gli adulti non sognavano i Caraibi, non sapevamo nemmeno che esistessero. Vivevamo in un mondo circoscritto. La fabbrica o l’ufficio, a Milano, erano quasi sempre vicino a casa. In altre zone del Paese invece si doveva fare anche 30 chilometri. Allora si inforcava la bicicletta, che a quei tempi era un mezzo di locomozione (negli anni Trenta avevano la targa, come le automobili) e non un gadget per tipi snob...

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Aspettando Pontida

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Godzilla diventa Brigitte Bardot

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E come la Bestia si trasformò in Bella così Godzilla divenne Brigitte Bardot

L'intercettore veloce e imbarcazione di supporto di Sea Shepherd Conservation Society, Gojira (Godzilla), ha aiutato all'inizio di quest'anno ad allontanare l'intera flotta di baleniere Giapponesi dal Santuario delle Balene nell'Oceano del Sud. Sentir dire dai media Giapponesi che la flotta di baleniere è stata cacciata da Godzilla è stato a dir poco esilarante. Tuttavia può esserci qualcosa di più spaventoso di Godzilla e si tratta degli avvocati ...

A Sea Shepherd è stato infatti intimato di cambiare nome all'intercettore. Ciò non è assolutamente un problema poiché Gojira ha raggiunto il suo scopo allontanando la flotta Giapponese e quindi ora possono riprendersi volentieri questo nome. Nel frattempo, il Fondatore di Sea Shepherd, il Capitano Paul Watson, ha proposto alla Fondazione Brigitte Bardot di dare come nuovo nome all'imbarcazione Brigitte Bardot in onore della famosa attivista per i diritti degli animali. La collaborazione tra Brigitte e Paul risale al 1977 quando il Capitano Watson portò la Bardot nelle gelide coste della zona canadese del Labrador per vedere da vicino i cuccioli di foca.

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I no che aiutano a crescere

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Nella vita di coppia dire troppo spesso SI può essere un problema?


Oggi sembra strano anche solo pensarci, le liti e le discussioni in una normale vita di coppia sono all'ordine del giorno, le incomprensioni ed i musi lunghi spesso la fanno da padrone, eppure può capitare anche che essere troppo accomodanti possa creare dei problemi.

Asha Phillips infatti nel suo libro scrive:

"Molto spesso si desidera far piacere al partner, offrirgli qualcosa di unico e di speciale. Ci si dimostra solidali con lui, lo si appoggia, si approvano le sue inziative. Usiamo espressioni come "la mia metà", parliamo di essere "un corpo e un'anima sola", ammiriamo e invidiamo quelli che non si separano mai, che hanno un'unionte intima e profonda.

Questa immagine della coppia ideale, però, sottovaluta l'importanza del "NO", della differenza. Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un'intima uniore danno piacere e promuovono la crescita, perchè rappresentano una base sicura... Non bisogna però sottovalutare che anche qui c'è bisogno di uno spazio, di una distanza tra i due individui perchè possano svilupparsi e crescere davvero.

Dicendo sempre sì al vostro compagno/a, anche se l'accordo vi sembra reale, finirete per avere entrambi, la sensazione che fra voi non ci sia differenza. Può essere un'idea confortante, ma genera staticità: nella vostra vita ci sarà poco movimento. Se in uno dei due avviene poi un cambiamento, può essere vissuto come un terribile tradimento. Come la rottura di un tacito patto.

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Scrittori che fanno rete

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Gli editori, ne abbiamo parlato spesso in queste pagine, non sono più gli unici a fare i libri. Il self-publishing, nel modo in cui si sta configurando, è sicuramente uno dei cambi di paradigma più importanti per l'editoria.

Sull'onda dei casi di successo, da J.A. Konrath ad Amanda Hocking (di cui ha scritto anche ieri il New York Times), molti autori -esordienti e non- stanno seguendo l'esempio.
Dal punto di vista dello scrittore, che sia un autore indie o che sia già affermato, la possibilità di pubblicare in modo autonomo è diventata un'opzione reale su cui ragionare. La questione centrale non è solo economica (correndo da soli si guadagna di più, se il libro vende) ma riguarda anche il controllo dell'opera. E questo è uno degli snodi più interessanti di questo cambiamento di mentalità.

Intuitivamente siamo portati a credere che un libro autopubblicato sia di qualità inferiore rispetto a un testo che ha seguito tutti i passaggi del processo editoriale. Tuttavia questa è una forma di pregiudizio che ereditiamo dalle nostre abitudini, o dal ricordo dello scrittore senza editore dei tempi passati. Quello che sta succedendo, per ora solo nei casi più illuminati, è invece abbastanza diverso: gli scrittori stanno recuperando «in proprio» la logica di lavoro tipica della produzione di un libro all'interno della casa editrice.

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