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di Valeria Ballarati

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Siamo tutti Aldo Pecora: firma l'appello

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La società civile si mobilita e lancia un appello
Intimidazioni e minacce al fondatore di "Ammazzateci Tutti"

Aldo è un giovane giornalista calabrese, ha 26 anni, e si guadagna da vivere scrivendo e collaborando (da precario) con Rai Educational.

Nel 2005 il suo nome è rimbalzato agli onori delle cronache per aver ideato lo slogan “E adesso ammazzateci tutti”, simbolo delle battaglie e della rivoluzione silenziosa avviata contro la ‘ndrangheta da quei ragazzi che insieme a lui saranno ribattezzati “i ragazzi di Locri”.

Nel giro di qualche mese molti di loro torneranno alla vita di ogni giorno, altri finiranno assorbiti dalla politica. Aldo no. Dall’alto dei suoi 19 anni lui sogna in grande, e vuole fare di quello slogan una vera forza organizzata, slegata da vincoli ideologici appartenenti al passato, una forza che guardi a tutti quei ragazzi e quelle ragazze che, come lui ed i suoi amici, sognano un’italia libera dalle mafie e dalla criminalità organizzata. Li conosce un po’ per strada ed un po’ tra le decine di assemblee organizzate in tutto il Paese. Nasce così “Ammazzateci Tutti”.

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Buon 8 Marzo

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“Sono nata a Milano il 21 marzo 1931, a casa mia, in via Mangone, a Porta Genova: era una zona nuova ai tempi, di mezze persone, alcune un po’ eleganti altre no. Poi la mia casa è stata distrutta dalle bombe. Noi eravamo sotto, nel rifugio, durante un coprifuoco; siamo tornati su e non c’era più niente, solo macerie. Ho aiutato mia madre a partorire mio fratello: avevo 12 anni. Un bel tradimento da parte dell’Inghilterra, perché noi eravamo tutti a tavola, chi faceva i compiti, chi mangiava, arrivano questi bombardieri, con il fiato pesante, e tutt’a un tratto, boom, la gente è impazzita. Abbiamo perso tutto. Siamo scappati sul primo carro bestiame che abbiamo trovato. Tutti ammassati. Siamo approdati a Vercelli. Ci siamo buttati nelle risaie perché le bombe non scoppiano nell’acqua, ce ne siamo stati a mollo finché non sono finiti i bombardamenti. Siamo rimasti lì soli, io, la mia mamma e il piccolino appena nato. Mio padre e mia sorella erano rimasti in giro a Milano a cercare gli altri: eravamo tutti impazziti. Ho fatto l’ostetrica per forza portando alla luce mio fratello, ce l’ho fatta: oggi ha sessant’anni e sta benissimo. La mamma invece ha avuto un’emorragia, hanno dovuto infagottarla insieme al piccolo e portarseli dietro così, con lei che urlava come una matta.

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La fragilità maschile

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Un uomo di 34 anni, Mario Albanese, camionista, originario di Modugno in provincia di Bari, ha ucciso a Brescia l’ex moglie Francesca Alleruzzo, 45 anni, maestra in una scuola elementare, il nuovo compagno di lei, la figliastra e il suo fidanzato. La gelosia sarebbe alla base del folle gesto. Sembra che la coppia si fosse separata da meno di due anni e che l’uomo non avesse mai accettato la fine della relazione.

E’ un fatto privato di “quella” famiglia, di “quella” coppia. E poi solo un folle può compiere un gesto così, quattro persone uccise per un’ossessione, un’idea malata di dominio e di possesso. Chissà che patologia ha: avrebbero dovuto fermarlo prima, avrebbero dovuto curarlo prima.

Eppure c’è qualcosa che non torna in un ragionamento come questo. I primi a mettere in guardia sono i numeri: le violenze degli uomini sulle donne sono un fenomeno esteso, quasi quotidiano. Diventa difficile credere che siano tutte e solo relazioni sbagliate, rapporti sfortunati, situazioni al di fuori della “normalità”. Lea Melandri, scrittrice, una lunga militanza nel femminismo che l’ha portata ad approfondire le dinamiche del rapporto fra i sessi, dà un’altra lettura della tragedia di Brescia. Macché fatto privato, macché patologia: il vero nocciolo sta in una questione infinitamente più complessa e che riguarda la nostra cultura dei rapporti fra uomini e donne.

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Quando arriva l'ambulanza

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Quando sentite in lontananza il suono di un'ambulanza in arrivo, mettete la freccia a destra, rallentate e accostate. Grazie!

Se a prima vista questo gesto semplice e di buon senso sembra scontato, in realtà non é così facile.

Dove abito io - ad Anzio - sono in pochi a farlo e dirò di più: l'ultima volta che l'ho fatto io, l'automobilista dietro di me mi ha suonato perché non capiva cosa stessi combinando (e non é la prima volta).

Inutile dire che l'ho mandato bellamente a quel paese ma lui, un po' interdetto e continuando a fissarmi incredulo, nel superare questa donna al volante, aveva la faccia di chi era ancora convinto della sua posizione. E' si, gli uomini al volante sono così più intelligenti! Vediamone qualcuno nell'identica situazione ...

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Dice che era un bell'uomo e veniva dal mare ...

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Ciao Lucio, grazie.

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