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di Valeria Ballarati

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La hit parade dell'amore

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Il dottor Veronesi sostiene che l’amore più puro è quello omosessuale, perché non è finalizzato alla procreazione. Lo sostiene in risposta a quel sindaco che aveva definito l’omosessualità un’aberrazione genetica.

Veronesi mostra di aver letto il Simposio di Platone (il sindaco si è fermato a Playboy). Ma forse l’illustre oncologo ha dimenticato il finale, altrimenti si ricorderebbe che l’amore non prevede classifiche di genere. All’origine, narra Platone, esistevano maschi, femmine e androgini dotati di entrambi gli organi sessuali.

Ma quando gli uomini vollero scalare il cielo, gli dei li punirono spaccandoli in due. Da allora ciascuno cerca la sua metà perduta: i maschi dimezzati sono diventati gay, le femmine lesbiche e gli androgini etero. Nessuno è più puro o aberrante dell’altro. E tutti possono procreare, anche se l’unione fra le due metà dello stesso sesso partorisce solo idee e non corpi.

La differenza, spiega Platone, non la fanno dunque i sessi, ma la qualità dei sentimenti: la «scala dell’amore», che va dalla bellezza fisica a quella divina. L’amore è l’energia dell’universo con cui l’uomo riesce a entrare in sintonia soltanto quando ama. L’oggetto dell’amore non è poi così importante. Può essere un maschio, una femmina, un figlio, un animale, una pianta, una montagna, un sogno, un progetto, un ideale. Quel che conta è la pulsione spirituale che l’amante esprime nell’amare.

Chiedo umilmente scusa al professor Platone se duemilaquattrocento anni dopo non abbiamo ancora imparato la lezione.

Massimo Gramellini

Platone, attraverso il sito degli studenti del Liceo Classico Beccaria di Milano 

 

Le risposte al vivisettore

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Ricerca senza animali, LAV: senza se e senza ma

*di M. Kuan

“Gli animali per adesso servono alla ricerca”, afferma il dott. Remuzzi sul Corriere della Sera in risposta al comunicato LAV che ha contestato la necessità della sperimentazione animale asserita dallo stesso ricercatore nelle scorse settimane.
 La fondatezza scientifica della ricerca è il requisito “sine qua non” di questo settore e la sperimentazione animale è un errore metodologico grave sul piano scientifico perché nessun animale può essere modello sperimentale per l’uomo. I test su animali non solo sono estremamente crudeli, ma non sono affatto utili per predire ciò che può accadere all’organismo umano quando questo è esposto ad una sostanza: ciò che risulta innocuo negli animali può essere tossico per l’uomo. Alcuni esempi tra i tanti:
- Penicillina: è un farmaco che ha salvato la vita a milioni di persone e che per puro caso, a detta dello scopritore Fleming, è stata testata su ratti e non su cavie. Infatti, se così fosse stato, sarebbe stata cestinata, visto che sulle cavie risulta altamente tossica; in questo caso il ratto si comporta come l’uomo, ma non è possibile trarne una regola generale.
- Cloroformio (anestetico): i tentativi di estrapolare i risultati dai roditori all’uomo sono falliti.
- Arsenico: la dose che uccide un uomo è innocua per il cane. Gli studi su animali non hanno confermato quanto si riscontra sull’uomo, così ciò che oggi è noto sugli effetti di questo metallo sono dovuti a studi su popolazioni umane.
- Tetracloruro di carbonio: distrugge i reni in molti animali, tra cui alcune specie di scimmie, mentre in altre questo non accade.
- Glicole etilenico (nei liquidi antigelo, ma anche in farmaci e cosmetici): è considerevolmente più tossico nell’uomo che in altre specie animali, la dose letale per l’uomo ha un valore di 1,4; per ratto, cavia e topo varia da 5,5 a 14. I ratti risultano più sensibili dei topi.
- Metanolo: rende cieche le persone, ma nulla di tutto questo è stato osservato negli animali comunemente usati nei test.

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Gli italiani e la povertà

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Gli italiani e la povertà nata dalla ricchezza

Questa storia che gli italiani stiano diventando poveri, di una povertà insopportabile, mi convince fino a un certo punto. Nei ’50, a parte una sottile striscia di alta borghesia che si guardava bene dall’ostentare, eravamo tutti più poveri della media di coloro che oggi sono considerati tali.

Certo, avevamo molte meno esigenze. I bambini non venivano iscritti ai corsi di tennis, di nuoto, di danza. Noi ragazzini giocavamo a pallone nei terrain vague dove anche ci scazzottavamo allegramente (era la nostra “educazione sentimentale”) e tornavamo a casa la sera con le ginocchia nere e sbucciate (chi mai riesce, oggi, a vedere un bambino, vestito col suo paltoncino, come un cane di lusso, con le ginocchia sbucciate?). A nuotare (parlo di Milano) si andava all’Idroscalo oppure, durante le vacanze scolastiche, accompagnati dalla mamma (il padre rimaneva in città, perché allora per mantenere la famiglia bastava uno solo) sulla Riviera di Ponente. Gli adulti non sognavano i Caraibi, non sapevamo nemmeno che esistessero. Vivevamo in un mondo circoscritto. La fabbrica o l’ufficio, a Milano, erano quasi sempre vicino a casa. In altre zone del Paese invece si doveva fare anche 30 chilometri. Allora si inforcava la bicicletta, che a quei tempi era un mezzo di locomozione (negli anni Trenta avevano la targa, come le automobili) e non un gadget per tipi snob...

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La scelta del tuo bambino

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Allattamento al seno/2 Prendiamoci la libertà di scegliere

di Simona Ravizza 

Prendiamoci la libertà di scegliere. Anche quella di non allattare il proprio bimbo al seno. Dopo avere invitato a non vergognarsi ad attaccare al seno il bebè anche nei luoghi pubblici, ritorno subito sull’argomento per due motivi:

1) le principali associazioni italiane di tutela e promozione dell’allattamento al seno stanno mettendo pesantemente sotto accusa uno spot tv della Chicco sui biberon. Sono l’Associazione italiana consulenti professionali in allattamento materno; Babyconsumers; Ibfan Italia; Il Melograno; La Leche League Italia e il Movimento allattamento materno italiano. Tutte unite contro quella che viene definita “la pubblicità più aggressiva sull’alimentazione artificiale trasmessa in tv negli ultimi anni”. Nel mirino il messaggio – giudicato fuoriviante – che le mamme sanno che quando allattare non è possibile possono contare su un biberon che riproduce al 100% il loro seno;

2) sono convinta che per scegliere bisogna conoscere l’importanza del latte materno per la crescita psicofisica del bambino.

Ma c’è una domanda che mi frulla in testa:

E’ meglio un biberon dato con amore o una tetta messa a disposizione controvoglia?

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Aspettando Pontida

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